«Alla Madonna di Altino non servono bancarelle, la gente ci sale per devozione»
Don Belotti è stato parroco di Vall'Alta e rettore del santuario per 18 anni. «Per noi non è solo questione di un miracolo. Una cosa bella e pura non va deturpata»
di Fabio Gualandris
Lo scorso 14 luglio è iniziata la novena della Madonna di Altino in preparazione alla solennità dell’apparizione di martedì 23 luglio, nel 528esimo anniversario. Abbiamo raccolto la testimonianza di don Daniele Belotti, attuale collaboratore pastorale nella parrocchia di San Giuliano ad Albino, ma per diciotto anni, fino al settembre 2023, parroco di Vall’Alta e rettore del santuario di Altino.
Cosa si può dire sulla Madonna di Altino?
«È una cosa enorme. Al di là che c’è tutta la parte devozionale e detto ciò che ci porta la tradizione di questa apparizione al santuario, per noi non è soltanto questione di un miracolo. L’evento è del 23 luglio 1496, per capirci quattro anni dopo la "scoperta" dell’America come spiego sempre ai pellegrini per inquadrare il contesto; il riconoscimento avviene molto presto, all’inizio del 1500, quando il vescovo viene a benedire la cappella che lì era stata costruita, dove c’è la fonte, interna all’attuale santuario, resa accessibile e riqualificata con l’architetto Sonzogni nel 1996».
Ci accenni all’evento storico.
«Parla di questo carbonaio (Quinto Foglia) che con i suoi figli si trova a raccogliere la legna, con il caldo, perché si prepari il carbone per l’inverno e gli anni successivi. Trovandosi lì senz’acqua e vedendo la disidratazione dei figli, il primo pensiero è andato al Signore e probabilmente a Maria - la devozione dei nostri vecchi di una volta -, ed ecco, del tutto inattesa, comparire la Madonna che gli dice di picchiare con il suo “podèt” sulla roccia da cui scaturisce l’acqua che disseta».
Un fatto eccezionale.
«Per alcuni versi sì, perché Altino è montagna di origine vulcanica per cui le sorgenti sono tutte a valle e questa è l’unica che sorge in montagna; ma la cosa bella, secondo me, è che adesso la gente sale in Altino per portare una supplica, una preghiera, una richiesta o anche un ringraziamento - e devo dire che la devozione è anche alta -, si sale anche per incontrarsi, per sposarsi, si sale per Maria, ma quest’uomo non era su per Maria, ma Maria è venuta incontro alla necessità di quest’uomo. È questa la bellezza, la semplicità della fede che porta in qualche maniera a ricevere un dono che non vuol dire che non non possiamo salire a chiedere doni, però tenendo conto che quell’uomo è salito in maniera diversa, per lavoro, e si trova un dono per la sua semplice fede».
Ci parli della festa dell’apparizione.
«Quella dell’apparizione del 23 luglio è la festa principale, si prepara sempre con una novena che inizia il 14, anche se nel tempo le modalità sono mutate. Una tradizione affascinante rimasta è la celebrazione in esterno la sera della vigilia; si porta fuori tutto il complesso statuario, si celebra all’aperto, vene quindi riportato in chiesa con una fiaccolata. Bella particolarità il concorso di tanta gente che è lì solo per pregare. Mi hanno più volte chiesto “Perché non metti le bancarelle?”, “Perché non ci sono attrattive”, “Perché non si fanno i fuochi d’artificio?”; la risposta è perché non ce n’è bisogno, la gente raggiunge gli 850 metri di Altino per la devozione, sale alle 20.30 per la messa, viene per quello e poi se ne torna a casa. Non si sale per altro, è la cosa più bella e pura e non va deturpata». (...)