Bella la ChorusLife Arena, ma «i disabili vengono relegati in un "settore riservato"»
Il giornalista Dario Mione ha sollevato il tema, parlando anche del problema «int(g)razione sociale». La struttura risponde: questione di sicurezza

Dopo un paragrafo dedicato alle premesse, che parlano di «una normativa nebulosa, se non inesistente, e non applicata in modo univoco», nonché di numerose altre questioni e problemi, Dario Mione, giornalista che nel giugno 2024 s'era anche candidato al Consiglio comunale di Bergamo nella Lista Gori, non si sottrae dall'ammettere che la gestione dei posti riservati ai disabili nella «nuovissima e moderna (nonché indubbiamente attrattiva)» ChorusLife Arena sia stata «una delusione».
Domenica 22 marzo, in occasione di La fisica che ci piace con il prof. e content creator Vincenzo Schettini, Mione ha vissuto in prima persona le contraddizioni del sistema messo in atto e in un post sul suo profilo Facebook riassume: «Lascia davvero amareggiati che in una struttura costruita nel terzo millennio, anche per assistere a un semplice spettacolo teatrale, le persone con disabilità debbano essere relegate in un "settore riservato" (mi vengono i brividi solo a scriverlo), di fatto un'apposita fila, nel quale possono stare insieme a un solo accompagnatore maggiorenne».
Problemi di sicurezza
Entra poi nello specifico di tutti i punti dolenti. In primis, la spiegazione secondo la quale la scelta sarebbe legata a questioni di sicurezza. Un referente gli avrebbe spiegato che «per motivi di sicurezza dovuti ad un miglior accesso, ma soprattutto per la facile fuga in caso di emergenza, i posti per i disabili sono stati previsti, dagli organi appositi, nell’ultima fila dietro il settore di Tribuna Centrale».
Il commento di Mione: «Cioè, praticamente, c'è un "settore disabili" (brrrrr) appena sotto la... piccionaia. Dove "settore", in questo caso, sottende una vera e propria "divisione" dal resto degli spettatori. Ora, io capisco tutto sommato i "motivi di sicurezza" per un concerto rock o anche per eventi sportivi (nei quali, del resto, non esistono posti a sedere in platea per gli spettatori). Ma per uno spettacolo teatrale?».
«Al Palacreberg ci si sedeva in platea»
Non solo, questa soluzione si discosterebbe anche da quanto il referente stesso gli aveva comunicato inizialmente, a dicembre, quando «credeva, come lo scrivente, che i posti riservati alle persone con disabilità fossero in platea, con la possibilità di acquistarne altri accanto per familiari o amici - com'era al PalaCreberg e come è al teatro Donizetti». Invece poi le cose sono andate diversamente.
La risposta dell'Arena
Al Corriere Bergamo, i responsabili della ChorusLife Arena spiegano che i posti riservati alle persone con disabilità sono stati individuati sulla base delle normative vigenti in materia di sicurezza e accessibilità e che la loro collocazione tiene conto della necessità di garantire vie di fuga rapide in caso di emergenza - proprio come spiegato a Mione, insomma -. Questo segue le disposizioni applicabili alle arene di nuova generazione, che hanno caratteristiche diverse rispetto a teatri o a strutture di minori dimensioni. Eventuali aggiornamenti o adeguamenti, aggiungono poi, saranno valutati nel tempo, compatibilmente con i regolamenti e con le esigenze legate alla sicurezza del pubblico.
«Inte(g)razione sociale che non c'è»
Mione dedica però una serie di riflessioni anche su quella che definisce «L'inte(g)razione sociale (che non c'è)», nelle quali sottolinea come il problema non sia solo la collocazione dei posti, «che può piacere o meno», ma «la vera questione è relegare persone con disabilità in una fila/area apposita – che, a occhio, è comunque la più distante (o quasi) dal palco».
«Ma se il disabile è un genitore?»
Spiega: «Se una persona con disabilità volesse stare insieme al resto della propria famiglia (o a un gruppo di amici), nel "settore riservato" non può farlo. Potrà di fatto stare accanto solo al proprio accompagnatore; altri eventuali consanguinei/parenti/amici saranno collocati in posti “il più vicino possibili” nella zona sottostante. Bene, poniamo un caso neanche poi così raro o estremo: la persona disabile è un genitore, il suo caregiver è formalmente l'altro genitore (l'accompagnatore dev'essere maggiorenne) e i due hanno uno o più figli minorenni, magari di età inferiore ai 14 anni. I genitori sono responsabili legalmente per il figlio o i figli, ma all'Arena dovrebbero stare separati dagli stessi, sia pure (auspicabilmente) di pochi metri. È lecito?».
«Relegato in un "settore riservato"»
Aggiunge poi una considerazione basata sulla propria esperienza diretta e che dimostra come le problematiche di sicurezza, almeno nel caso di uno spettacolo, potrebbero essere superate. «Sono genitore e ho una figlia minorenne, per la quale, nel settore riservato, mi era stato prospettato un posto a sedere non accanto a quello mio o di mia moglie. Senza contare che venire relegato in un "settore riservato" mi mette i brividi. Peraltro, l'accesso alla platea è assolutamente privo di barriere/ostacoli. E la via di fuga esiste, naturalmente, anche lì, solo che non è "dedicata" e rapidamente raggiungibile come quella del "settore disabili"».
«C'è una differenza non da poco...»
In chiusura sottolinea: «Fra "posti" e "settore" per persone con disabilità c'è una differenza non di poco conto, non solo semantica. Ma, chiaramente, non è facile capire una situazione che non si vive in prima persona, che non riguarda la semplice fruizione di un evento, ma il poter condividere lo stesso insieme all'intera famiglia o a un gruppo di amici. Senza doversi sentire degli emarginati o degli appestati».
Dario Mione ha perfettamente ragione. E non credo che il problema possa stare nei termini esposti dal gestore, a meno che l'opera non sia stata costruita già con quell'idea. In un paese serio adesso uscirebbe un'ispezione dell'ente proposto, e se desse riscontro positivo, mi piacerebbe che l'opera venisse chiusa al pubblico d'ufficio fino a rimedio. Aggiungo che un amico mi ha recentemente riferito che al parcheggio del Chorus life non riconoscerebbero il pass per disabili, quindi, vista anche la totale assenza di stalli su strada in zona, il disabile dovrebbe pagare tariffa piena. Qui secondo me il comune potrebbe fare una verifica.
Da padre di una ragazza con disabilità 100% condivido totalmente quanto evidenziato dal giornalista Dario Mione. In un modo o nell'altro si emargina costantemente parandosi la faccia dicendo che è solo per la sicurezza. In una struttura totalmente nuova, possibile che non si possa pensare di fare qualcosa che permetta a tutti di convivere allo stesso modo un evento.
Ma dove sta il problema? E quando accadrà l'impensabile chi si incolperà? Garibaldi?
Anche a Teatro è così e nessuno si è mai lamentato