Capitale della Cultura, più che «un nuovo inizio» è stato il gran finale dell'era Gori
Ha dato un’accelerata a processi già in atto, diventando uno show sui dieci anni di questa amministrazione, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ad esempio...

di Andrea Rossetti
Se vogliamo dirla tutta, è stato un finale un po’ sottotono, tra tante (forse troppe) parole e poca “festa”. Ma ci sta, dopo un anno che è stato una scorpacciata e che era iniziato con un antipasto esagerato, ovvero l’inaugurazione del 20 gennaio. Anche perché l’impressione, almeno a sentir le parole dei sindaci Laura Castelletti e Giorgio Gori, è che a concludersi sia solo l’anno da Capitale della Cultura, non il binomio Bergamo-Brescia.
La contabilità del successo
Ma dicevamo del finale. Il “Gran Finale” si è tenuto martedì 19 dicembre, prima al Donizetti (e al Grande di Brescia), poi sul Sentierone. Ripetiamo: niente da rilevare. Discorsi - molti discorsi, compresi quelli degli sponsor, a cui è stata data un’ultima passerella -, poi una sorta di résumé di quel che è stato, tra video, arie di fantaopere e musei aperti gratuitamente fino a tardi.
Il tutto mentre nell’aria aleggiava una sola domanda: dunque cosa resta? Numeri convincenti, senza dubbio. Un ritorno d’immagine (positivo) con pochi precedenti per la nostra città. Tantissimi eventi (oltre 2.500), altrettanti turisti, guadagni moltiplicati.
Tutte cose che rientrano nella cosiddetta “contabilità del successo”, ovvero l’arte di saper enunciare ed elencare alla fine di un evento tutti quei numeri che sanciscono, con inappellabile razionalità, il buon esito dello stesso. Però tutto questo non è cultura.
È chiaro che il riflesso turistico, e dunque economico, di un evento come quello che abbiamo avuto la fortuna di vivere negli ultimi dodici mesi sia importante, rilevante. Ma, per certi versi, è secondario. A monte c’era e c’è l’ideale di cultura, e dunque di identità artistica e sociale della città, della comunità, del territorio. Una valorizzazione che nel frenetico 2023 ha talvolta funzionato bene e tal altre un po’ meno, ma su cui sicuramente si è lavorato molto. Ora la sfida - come ha detto anche Gori - sarà quella di «mantenere alto l’investimento» sulla cultura. E capire se il seme piantato quest’anno sarà in grado di portare frutti negli anni a venire. Lo speriamo, ovviamente. Ma è impossibile dirlo oggi.
Dieci anni in un solo anno
Quel che invece si può dire, è che l’anno da Capitale della Cultura è stato una sorta di riassunto dei dieci anni di governo cittadino di Gori. Nei suoi pregi e nei suoi difetti. Perché dire che Bergamo e i bergamaschi sono cambiati grazie a questi ultimi dodici mesi (cosa che hanno lasciato intendere l’assessora Nadia Ghisalberti e alcuni sponsor nei rispettivi discorsi) è una forzatura (...)