Critiche e proposte

Carenza di medici di base in Bergamasca: «Uno Stato civile non può puntare sui pensionati»

Ieri (13 giugno), in Sala Galmozzi, incontro tra Ats, Asst Papa Giovanni e camici bianchi per analizzare l'annosa questione

Carenza di medici di base in Bergamasca: «Uno Stato civile non può puntare sui pensionati»
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di Wainer Preda

«La carenza di medici era prevedibile. Grazie ai dati dei nostri enti previdenziali, la situazione era nota da dieci anni. Lo abbiamo denunciato più volte. Ma non c’è stato ascolto». È dura l’accusa lanciata ieri sera dalla delegata dell’Ordine dei medici e del sindacato, Paola Pedrini. In un incontro tenutosi nel pomeriggio di lunedì 13 giugno in Sala Galmozzi con l’Ats di Bergamo, l’Asst Papa Giovanni e l’assemblea dei sindaci della Valmbrembana e della Valle Imagna, è stato fatto il punto sulla drammatica mancanza di medici di base e pediatri e sulla cosiddetta “continuità assistenziale”.

Sessantatré sindaci hanno stilato un documento in cui si fanno diverse proposte per cercare di risolvere l’emergenza. «C’è stato un evidente errore di programmazione nel turnover dei medici», ha detto il presidente dell’Assemblea, Gianbatista Brioschi, leggendo il documento.

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Per tentare di tamponare una situazione davvero difficile, soprattutto nei Comuni di montagna, i sindaci propongono prima di tutto l’abolizione del numero chiuso dei medici reclutati dalle Università. Poi norme straordinarie e transitorie per l’arruolamento di medici neolaureati; la sostituzione programmata dei medici che vanno in pensione; il reintegro dei pensionati che vogliono continuare a esercitare la professione; incentivi economici adeguati per attirare nuovi medici; la liberalizzazione a livello europeo dei professionisti. Tutte proposte, secondo loro, fattibili e di buonsenso. Alcune realizzabili in poco tempo, altre più articolate.

Il direttore generale dell’Ats Massimo Giupponi ha sottolineato che «la carenza non riguarda solo i medici, ma tutte le figure del nostro sistema sanitario e di welfare. Compresi gli operatori ospedalieri, il personale infermieristico e finanche le badanti che si occupano degli anziani».

Per restare ai medici, a oggi, a livello provinciale, a fronte di 596 professionisti presenti - tra titolari e provvisori - ce ne sono 71 andati in pensione o dimissionari. I nuovi inserimento sono 38. In provincia di Bergamo ci sono quasi 23mila persone rimaste senza medico di base. Di queste, oltre 2.500 fanno parte del distretto dell’Asst Papa Giovanni, ovvero Bergamo, Valbrembana, Valle Imagna. E sono state tutte coperte con l’attivazione della Continuità assistenziale diurna (Cad) con sedi a Sedrina, Serina e Zogno.

L’Ats sta cercando soluzioni. Sta lavorando sull’informazione per i sindaci e cittadini. «Il documento redatto dai sindaci è di grande rilievo - ha detto Giupponi -, perché mette nero su bianco proposte che analizzeremo con attenzione. È necessario che tutti gli attori del sistema sanitario, compresi i sindaci, in questo momento lavorino insieme ai tavoli di coordinamento. Per risolvere problemi complessi - ha sottolineato - è necessaria la collaborazione da parte di tutti coloro che rivestono ruoli di responsabilità. Auspico che non vadano disperse le sinergie create e se ne agevolino altre, il territorio chiede delle risposte che siamo chiamati a dare».

Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore socio-sanitario dell’Asst Papa Giovanni, Simonetta Cesa. L’obiettivo è quello di fare massa critica e arrivare a una serie di proposte da portare in Regione. I medici, dal canto loro, sottolineano alcune criticità urgenti e determinanti da risolvere. «In primo luogo va ampliata l’attrattività della professione - spiega Pedrini -, la formazione per i nuovi medici deve restare una priorità. Uno Stato civile non può puntare sul reclutamento dei pensionati per risolvere i problemi. L’Italia non è attrattiva per l’estero, nemmeno nel settore medico. Gli incentivi non sono stati applicati».

Non solo. «Il personale amministrativo di supporto ai medici dovrebbe essere di Ats e non dei Comuni. Va risolta la diatriba sulla privacy e i dati sensibili che - sottolinea ancora il delegato dei medici - sono di proprietà dei cittadini. Il sistema informatico regionale è obsoleto ed esasperante. E infine ben vengano le esperienza associative fra medici, ma l’iniziativa non può essere lasciata ai singoli. Serve una governance lombarda, uniforme, pur mantenendo la specificità dei territori».

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