C'erano tanti giovani bergamaschi in piazza a Milano per difendere la caccia
Michele Bornaghi: «La grande manifestazione è stata organizzata da loro. Siamo numerosi, ma emarginati dai media»
di Andrea Rossetti
Poche volte piazza Città di Lombardia a Milano, ai piedi di Palazzo Regione, ha ospitato così tante persone in protesta. Erano in almeno tremila, venerdì 1 ottobre. Tutti cacciatori, tutti lì per chiedere al presidente Attilio Fontana rispetto e ascolto. E le teste dell’assessore all’Agricoltura Fabio Rolfi e della dg dell’assessorato, rei di aver “pasticciato” con l’emanazione del calendario venatorio portando così il Tar a sospenderlo non appena aperto, il 19 settembre scorso.
La vicenda non è facile da spiegare, tocca punti tecnici non proprio banali. In sostanza, però, Regione Lombardia ha pubblicato alcune parti del calendario venatorio (in particolare il cosiddetto “calendario riduttivo”) ad appena due giorni dall’apertura della caccia, con la conseguenza che il Tar, chiamato in causa da un ricorso degli animalisti della Lac (Lega abolizione caccia), ha deciso di sospendere l’attività venatoria in attesa di valutare nel merito la questione. Nulla di nuovo, a dire il vero. Ogni anno gli animalisti fanno ricorso e ogni anno il Tar prende tempo sospendendo la caccia. Ma, solitamente, la stagione venatoria non è ancora iniziata e quindi non ci sono ricadute per i cacciatori. Quest’anno, invece, le cose sono andate diversamente...
«Avevamo chiesto a Regione di muoversi per tempo, se ci avessero ascoltati le cose sarebbero andate diversamente», commenta Michele Bornaghi, presidente di Federcaccia Bergamo. Proprio i cacciatori bergamaschi sono stati la delegazione più numerosa alla manifestazione dell’1 ottobre: erano tra gli ottocento e i mille. Ben seicento solamente tra gli iscritti a Federcaccia Bergamo. «Siamo ampiamente la prima associazione in provincia - commenta Bornaghi - su una platea di diecimila cacciatori. Abbiamo sezioni in 180 Comuni bergamaschi. I numeri elevati di partecipazione all’iniziativa, dunque, credo siano normali».
La manifestazione, però, non è stata organizzata da voi associazioni.
«No, abbiamo solo aderito alla campagna “Io sono Cacciatore”. Senza sigle, in modo partecipato e coeso».
Chiedendo la testa di Rolfi.
«No, chiedendo più ascolto e coinvolgimento. E chiedendo che la delega sulla caccia venga tolta all’assessorato all’Agricoltura per consentire un maggior dialogo tra l’Istituzione e noi cacciatori».
Tutto nasce, in realtà, da un parere dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr) che tocca alcuni punti cardine dei calendari venatori e che chiede delle modifiche.
«Si tratta di un parere immotivato. E non lo diciamo tanto per dire, ma sulla base di solide valutazioni scientifiche. Senza entrare nel merito della questione, particolarmente tecnico, Ispra chiede limitazioni che non hanno una base. Tra queste, anche che la caccia della piccola selvaggina migratoria e stanziale prenda il via dal 2 ottobre».
La Lombardia, invece, aveva dato il via libera dal 19 settembre.
«Così come tante altre Regioni».
E dove è sorto il problema, allora?
«Nelle tempistiche: Regione ha emesso un decreto specifico su alcuni punti del calendario venatorio appena due giorni prima del 19 settembre, prestando il fianco al ricorso. Non solo: successivamente, per mettere una toppa, ha emanato un nuovo provvedimento per consentire la caccia nel week-end del 25 e 26 settembre, ma più limitante anche di quanto chiedeva l’Ispra».
Per riassumere, si può dire che è stato un bel pasticcio. Ma tale da giustificare una così ampia protesta di piazza?
«Vede, la caccia è una disciplina che è iper regolamentata in Italia. Lei non può immaginare che burocrazia c’è dietro a ogni cosa, è una Babele. Il tutto per un calendario che, mediamente, dura tre mesi l’anno. Perdere quindici giorni di attività per una situazione del genere, quindi, non è una cosa da poco. Ci sono specie che possono essere cacciate solo in questi quindici giorni, il ritardo di fatto cancella la stagione. Ecco perché noi cacciatori siamo arrabbiati. Perché non siamo stati coinvolti e ascoltati e ora siamo in questa situazione».