Che smacco!

Chiesetta degli ex Riuniti di Bergamo, così la Regione Lombardia ha perso pure la faccia

Se Fontana e Terzi avessero taciuto, la prelazione sarebbe passata. Invece le loro dichiarazioni hanno evidenziato l’intento discriminatorio verso i musulmani

Chiesetta degli ex Riuniti di Bergamo, così la Regione Lombardia ha perso pure la faccia

Un’efficace sintesi la offre un detto popolare: un bel tacer non fu mai scritto. Perché sono state le dichiarazioni – riportate in comunicati stampa ufficiali, sui social e dai media – di governatore e assessori a “incastrare” Regione Lombardia nel caso chiesetta degli ex Riuniti a Bergamo.

A dirlo sono i giudici della Corte di Appello di Brescia, che nei giorni scorsi hanno – nell’ordine -: confermato «la natura discriminatoria nei confronti dell’Associazione Musulmani di Bergamo della delibera della Giunta Regionale con la quale è stata esercitata la prelazione in relazione all’immobile acquistato dalla medesima Associazione con atto di compravendita a rogito del 2 maggio 2019»; disapplicato «la delibera stessa con tutti gli atti successivi ad essa conseguenti, fermo restando l’ordine a Regione Lombardia di cessazione della condotta discriminatoria e di adozione di ogni provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti».

E ancora, dichiarato che «per effetto della disapplicazione deve ritenersi definitivamente avverata, con effetto ex tunc (da allora, ndr), la condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione e, conseguentemente, accerta l’acquisto del bene in capo all’originaria contraente Associazione Musulmani di Bergamo»; condannato «Regione Lombardia al pagamento a favore dell’Associazione Musulmani di Bergamo delle spese di tutti i gradi del giudizio», per un ammontare complessivo compreso tra i trenta e i quarantamila euro (di soldi pubblici, quindi nostri, è bene ricordarlo).

Le puntate precedenti

Per comprendere al meglio quanto successo, e la figuraccia fatta da Regione, è utile riavvolgere il nastro fino al 25 ottobre 2018. Quel giorno, l’Associazione Musulmani di Bergamo risultò la vincitrice dell’asta dell’Asst Papa Giovanni XXIII (dunque Regione) per l’acquisto della “Chiesa-Casa dei frati”, la chiesetta degli ex Riuniti appunto. Sul piatto, circa 450 mila euro. Il passaggio di proprietà fu poi formalizzato il 2 maggio 2019 con regolare atto di compravendita.

Pochi giorni dopo, per la precisione il 20 maggio, Regione Lombardia esercitò però la cosiddetta “prelazione culturale” (consentita dalla legge), approvando un progetto di valorizzazione dell’immobile e, di fatto, bloccando tutto e “ricomprando” la chiesetta per 501.282 euro (pure qui di soldi nostri). Una mossa che era stata annunciata sin dai giorni immediatamente successivi all’apertura delle buste. Fu in quel momento che l’Associazione Musulmani agì con ricorso accusando Regione di comportamento discriminatorio.

Il 7 ottobre 2020, in primo grado, il Tribunale di Bergamo diede ragione all’Associazione, valorizzando alcune dichiarazioni pubbliche rese da Attilio Fontana e diversi assessori «all’indomani dell’aggiudicazione del bene» e dalle quali, secondo i giudici, «emergeva l’intenzione di esercitare la prelazione “al fine di evitare che il luogo della cristianità venga acquisito da un’associazione professante la fede islamica invece che dagli ortodossi romeni (a cui, fino a quel momento, era stato concesso l’uso dell’immobile, ndr), e così scongiurando il rischio che venga trasformato in una moschea”».

Ovviamente, Regione fece ricorso e (…)

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