Collaborazione didattica e scientifica, l'accordo tra Università di Bergamo e Mario Negri
La convenzione prevede che gli studenti possano accedere a nuove attività formative, corsi di laurea triennale e magistrale, fino a dottorati di ricerca

di Sara Barbò
La mattina di oggi, lunedì 3 marzo, nell’aula consiliare della sede del rettorato dell'Università degli studi di Bergamo di via Salvecchio, in Città Alta, è stato presentato l’accordo didattico e di ricerca scientifica tra l’Ateneo e l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, con un focus particolare sull’Ingegneria biomedica.
Si tratta di una collaborazione attiva già da qualche anno tramite il partenariato del Centro di Ateneo per la Longevità in salute e il corso di dottorato Health and Longevity PhD Program. Oggi finalmente si consolida grazie alle firme del rettore, Sergio Cavalieri, e dal direttore dell’Istituto, Giuseppe Remuzzi.
In sala erano presenti anche la dott.ssa Ariela Benigni, il prof. Andrea Remuzzi, la ricercatrice Chiara Emma Campiglio (del Dipartimento di Ingegneria gestionale, dell'Informazione e della Produzione di UniBg), la dott.ssa Michela Bozzetto e la dott.ssa Anna Caroli (del Dipartimento di Bioingegneria del Mario Negri).
La nuova offerta didattica
La convenzione prevede che gli studenti dell’Università di Bergamo abbiano la possibilità di accedere a nuove attività formative, corsi di laurea triennale e magistrale, fino a dottorati di ricerca. Inoltre, come spiegato dal rettore, «è il rinnovo di un accordo che sancisce la nascita di un laboratorio congiunto e consente a studenti e ricercatori di entrambe le istituzioni di svolgere studi avanzati sia dal punto di vista biologico che ingegneristico». All’interno del laboratorio, infatti, vengono ospitati studenti di tutti i livelli, dai tirocinanti di triennali e magistrali ai dottorandi, e questo permette di raggiungere certi obiettivi unendo le competenze di varie discipline.
Il direttore Remuzzi ha raccontato che l’idea è nata dopo una serie di proposte, come la creazione di un nuovo corso di laurea che avrebbe unito la biomedicina e l’ingegneria (da molti scartata). Finché non si è giunti alla conclusione che non fosse necessaria una figura bivalente, ma piuttosto uno spazio comune in cui medici, ricercatori e ingegneri avrebbero lavorato insieme per un unico obiettivo: «La collaborazione permetterà di incrementare la qualità delle attività didattiche e di ricerca favorendo la formazione e l’occupazione dei giovani, sia a livello della ricerca scientifica in ambito biomedico che della cura e dell’assistenza».

Da sinistra: Andrea Remuzzi, Sergio Cavalieri, Giuseppe Remuzzi e Ariela Benigni

Da sinistra: Anna Caroli, Michela Bozzetto, Chiara Emma Campiglio e Ariela Benigni

Da sinistra: Ariela Benigni, Giuseppe Remuzzi, Sergio Cavalieri, Andrea Remuzzi

Da sinistra: Giuseppe Remuzzi, Sergio Cavalieri e Andrea Remuzzi
La ricerca si rinnova
Anche il professore Andrea Remuzzi è intervenuto, spiegando che il dialogo multidisciplinare è fondamentale per favorire il progresso nella ricerca. Perciò l’istituzione di un laboratorio congiunto di Meccanobiologia permette a ingegneri, medici e ricercatori di collaborare e imparare più velocemente: «Alcune università hanno creato i propri laboratori, ma restano sempre una cosa staccata dalla medicina, che invece continua a evolvere». Così ha commentato il professore, sottolineando quanto sia cruciale la vicinanza tra chi lavora sullo stesso problema.
Il laboratorio in pratica
Come ha affermato la dottoressa e ricercatrice Ariela Benigni, il laboratorio è nato con l’idea che gli ingegneri aiutassero i ricercatori, costruendo le apparecchiature adeguate per comprendere determinati fenomeni biologici. Al momento stanno studiando le malattie renali. «Il nostro scopo è capire come il funzionamento del rene viene alterato in condizioni di malattia e creare farmaci che possano ripristinarne il suo ruolo».
Pertanto, attraverso il rinnovo del contratto di collaborazione, l’Università degli studi di Bergamo metterà a disposizione le proprie attrezzature e competenze presso la sede di Dalmine, mentre l’Istituto Mario Negri ospiterà attività di ricerca presso la sede del Centro Anna Maria Astori di Bergamo e del Centro di Ricerche cliniche per le malattie rare “Aldo e Cele Daccò” di Ranica.