Complesso dei Celestini, Italia Nostra alla Soprintendenza: «Scongiurate il rischio di vendita»
L'associazione ha sottolineato il valore storico, architettonico, religioso e sociale del complesso (inserito nel 2016 dal Fai tra i luoghi del cuore) e l'impegno testamentario che vincola l'immobile a un uso sociale
Ad alzare la voce e a chiedere che il complesso monastico dei Celestini, oggi gestito dall'Istituto delle Suore Sacramentine, non sia messo in vendita è anche la sezione di Bergamo dell’associazione Italia Nostra, con una segnalazione inviata alla Soprintendenza. «Ci appelliamo a un vostro autorevole intervento per scongiurare questo rischio. Nel contempo chiediamo se, comunque, la vendita di un bene vincolato come questo sia soggetto ad autorizzazione da parte della Soprintendenza e quali siano i casi in cui può essere non autorizzata».
La chiesa di San Nicola e il monastero dei padri celestini, edificati all’inizio del 1300 nel quartiere oggi chiamato Borgo Santa Caterina, sono finiti al centro delle cronache dopo la proposta d’acquisto ricevuta dalle Suore. In molti temono che la nuova proprietà possa snaturare questo luogo, Italia Nostra in primis.
«La nostra preoccupazione non è solo relativa agli interventi edilizi che la nuova proprietà potrebbe realizzare e che necessitano comunque di un controllo autorevole da parte di codesta Soprintendenza – scrive l’associazione nella segnalazione - ma anche dello svilimento dell’uso che la proprietà ne potrebbe fare. Questa associazione è preoccupata proprio di questo, del forte rischio di banalizzare l’uso, magari residenziale o commerciale, di un complesso che è stato luogo di preghiera, poi divenuto luogo di assistenza e di servizio alla città. Un rischio che, tanto per esemplificare, il complesso di Astino ha corso negli anni ’80».
A complicare la vendita non sarebbero soltanto il valore storico, architettonico, religioso e sociale del complesso (inserito nel 2016 dal Fai tra i luoghi del cuore), ma anche un impegno testamentario relativo alla destinazione d’uso sociale dell’immobile.
«Non vorremmo che le intenzioni testamentarie del lungimirante benefattore Lodovico Goisis e tutta la precedente storia di questo luogo così significativo per Bergamo andassero in fumo solo per garantire lavori di manutenzione che, probabilmente è vero, le suore non possono permettersi. Ma anche la città di Bergamo non si può permettere di perdere un pezzo di storia. Cerchiamo altre soluzioni facendo leva anche sui vincoli esistenti e sull’interesse che la città manifesta per questo luogo, perchè non venga stravolto con vendite inopportune che costituirebbero un vulnus inaccettabile».