il congresso provinciale

Crisi, Covid e guerra: cresce la povertà abitativa. A Bergamo richieste di sfratto salite del 100%

Roberto Bertola è stato confermato per il terzo mandato consecutivo segretario generale del Sicet Cisl di Bergamo

Crisi, Covid e guerra: cresce la povertà abitativa. A Bergamo richieste di sfratto salite del 100%
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Nel 2020, in tutta Italia, sono stati emessi 63.846 provvedimenti esecutivi di sfratto; nello stesso periodo, le richieste di esecuzione presentate all’ufficiale giudiziario sono state 123.914 e gli sfratti eseguiti sono stati 28.641. La Regione con il maggior numero di sfratti eseguiti è la Lombardia, a quota 4.731 (pari al 16,5% del totale nazionale). In provincia di Bergamo questo tipo di provvedimenti sono cresciuti da 716 a 1.578, un aumento di oltre il 100% e lo scorso anno, date anche le condizioni legate alla pandemia, ne sono stati eseguiti 87.

Sono alcuni dei dati resi noti al termine del nono congresso provinciale del sindacato inquilini di via Carnovali, durante il quale Roberto Bertola è stato confermato per il terzo mandato consecutivo segretario generale del Sicet Cisl di Bergamo.

«La condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose con figli – ha detto Bertola -, soprattutto se minori, e per le famiglie con anziani. Dai rilievi sulla formazione dei nuclei familiari in Bergamasca, risulta quasi un quarto della popolazione con un’età maggiore di anni 65 (pari al 26% che diventa il 25% se si esclude la popolazione straniera). Il 46% delle famiglie a ottobre del 2019 era formato da realtà monogenitoriali, il 35% da famiglie con figli (nel 2019 era del 39%), il 19% è composto da coppie senza figli. Aumentano le famiglie composte da un solo genitore, nella maggior parte dei casi la mamma, e un figlio, situazioni che si creano dopo una separazione o divorzio».

Nell’analisi del sindacato un aspetto particolare della crisi, che va oltre il livello di disagio abitativo, è quello delle persone senza dimora a causa della perdita del lavoro, di una separazione o di un cattivo stato di salute. A Bergamo la Caritas ha dato ospitalità nel 2019 a circa 600 persone, salite nel 2020 a 1.200 e nel 2021 a 1.400 individui. Inoltre, tra i giovani, solo uno su quattro è riuscito a trovare casa e a mettere su famiglia a causa dei prezzi troppo alti per l’affitto, che oscillano tra i 450 e i 1.320 euro al mese. Le rate mensili di mutuo vanno da un minimo di 360 euro ad un massimo di 780 euro. Mentre il dato medio indicato da chi ha un lavoro quasi stabile è tra i 700 e i 1.200 euro al mese.

Da una ricerca del Sicet risulta che il 63% dei giovani vive in locazione, mentre il 37% è in un’abitazione in proprietà.  Sulla quota di chi è in affitto, il 55,82% ha un contratto registrato. Per quasi il 6% il contratto non è registrato e oltre il 38% è privo di un documento scritto. I due terzi dei giovani vivono in appartamenti o case singole. «È evidente – sottolinea Bertola - la forte divaricazione tra redditi e spesa per la casa. Servirebbe ampliare l’offerta di alloggi in affitto nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, con bandi speciali per i giovani che conciliano al meglio il livello dei salari con la precarietà e la mobilità che caratterizza molte delle nuove attività». La fragilità abitativa viene ben delineata anche dal quadro della domanda di alloggi pubblici da parte di cittadini che, non più in grado di sostenere il mercato privato, scivolano nell’area dell’emergenza dopo uno sfrattoPer Bergamo e Provincia le domande valide per l’assegnazione nel corso del 2021 sono state 6.400, mentre quelle assegnate sono poco più di 550 unità.

«Serve un processo di riqualificazione dei quartieri e dei caseggiati che consenta alle persone di continuare ad abitare nello stesso territorio, attraverso un’offerta di affitto pubblico e privato accessibile ai redditi dei cittadini – continua il sindacalista -. La crisi abitativa avrebbe dovuto spingere Regione Lombardia a una programmazione dell’offerta totalmente indirizzata all’area più svantaggiata del bisogno abitativo; si è invece preferito mettere in campo una pluralità d’offerte, indirizzando il servizio abitativo pubblico verso la fascia media della domanda, come nel caso degli interventi a canone moderato, salvo poi scoprire che le famiglie a basso reddito non sono in grado di pagare quei prezzi troppo alti. Ne sono un esempio le palazzine Aler di via Borgo Palazzo, con la mancata assegnazione dopo 10 anni di attesa di 56 alloggi su 97 disponibili».

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