Da gennaio, un suicidio e altri quattro tentati: carcere di Bergamo, vergogna senza fine
A metà giugno, un 32enne pachistano in cella per furto s’è tolto la vita. Il sovraffollamento resta tra i più alti d’Italia e c’è pure il caldo a peggiorare le cose

di Andrea Rossetti
Un mese e due giorni. Tanto è passato da quando un 32enne pachistano s’è tolto la vita nella cella del carcere di Bergamo in cui era detenuto. Il suo nome non è noto, ma si sa che era un senza fissa dimora finito in cella per furto. Avrebbe finito di scontare la sua pena ad aprile 2026.
La notizia della sua morte è stata resa nota da L’Eco di Bergamo soltanto pochi giorni fa, praticamente un mese dopo rispetto ai fatti e soltanto perché l’episodio è stato riportato nell’ultima relazione del Garante nazionale dei detenuti, diffusa la scorsa settimana. Questo dice molto dell’oblio che riguarda le vite (e le morti) dei detenuti. Soltanto l’ennesima conferma di come la società si dimentichi troppo spesso di loro e, soprattutto, dei loro diritti.
Da gennaio a oggi, nelle carceri italiane ci sono stati 39 suicidi. In tutto il 2024 sono stati 91, quota più alta mai raggiunta. In Lombardia, nel 2025 si contano già 7 suicidi. Sono dati che definire allarmanti è eufemistico.
La relazione del Garante nazionale dei detenuti, in relazione alla struttura di via Gleno, nei primi sei mesi dell’anno in corso ha registrato anche quattro tentati suicidi, quindici casi di autolesionismo e 55 «manifestazioni di protesta individuale», come ad esempio scioperi della fame o della sete. La dimostrazione di un malessere profondo che pervade la comunità carceraria bergamasca.
Come già scritto e sottolineato in più di un’occasione (...)