Casi particolari

Dalle valli bergamasche la "battaglia" per tenere i defunti con bara aperta nelle chiese

La normativa regionale lo vieta e Ats, dopo anni di poca attenzione, ora chiede il rispetto della legge. Scatenando le proteste di Val Brembana e Seriana

Dalle valli bergamasche la "battaglia" per tenere i defunti con bara aperta nelle chiese
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Basta feretri nelle chiese, a meno che non si debba celebrare il funerale. Il divieto, ribadito da Ats Bergamo a diversi comuni, ha fatto indignare, se non proprio infuriare, le Comunità montane della nostra provincia.

Nelle valli infatti, spesso, quando un cittadino muore lo si porta nel luogo di culto del paese con bara aperta per permettere a tutti gli abitanti di dargli l'ultimo saluto. Un rito che non è più possibile, stando alle attuali leggi regionali. E la faccenda si è talmente ingigantita che sono arrivate proteste da entrambe le Valli, con un ordine del giorno presentato oggi (venerdì 20 giugno) in Comunità montana Valle Brembana che a breve arriverà fino al Pirellone.

Le disposizioni di legge (mai applicate)

In realtà, questa disposizione regionale è in vigore da diversi anni, ma solo da poco le autorità sanitarie, e di conseguenza le imprese funebri, hanno cominciato ad avanzare obiezioni. Il tutto deriva dal D. P. R. 14 gennaio 1997 e dall'art. 11 del Regolamento regionale n. 4/2022, che dispongono di tenere la salma, nel suo periodo di osservazione prima della certificazione ufficiale della morte (passando alla denominazione quindi di cadavere), in abitazioni del defunto o di parenti, camere mortuarie di ospedali, obitori comunali e case del commiato. Questo perché devono essere luoghi idonei e autorizzati dalla legge per poter eventualmente constatare la manifestazione di eventuali segni di vita.

Esatto: la questione è che devono esserci luoghi appositi per verificare che il morto lo sia... per davvero. Il 9 maggio scorso, i chiarimenti inviati alle Amministrazioni locali da parte di Ats Bergamo, firmata dal suo direttore generale Massimo Giupponi, specificavano inoltre che «non sono utilizzabili gli edifici di culto per lo stazionamento di feretri di cadaveri oltre il tempo necessario per i riti funebri».

Il feretro, una volta sigillato (quindi la bara deve essere chiusa) nella casa del defunto o di famigliari, oppure nel deposito di osservazione, va condotto in chiesa solo per il funerale, e poi al cimitero. Questa improvvisa solerzia delle autorità, dopo anni in cui nessuno aveva in pratica avuto niente da obiettare, ha dato origine a situazioni paradossali. Soprattutto perché, come capita spesso in montagna, le abitazioni non sono idonee, oppure non ci sono case del commiato. La prima polemica era scoppiata già a febbraio, a San Pellegrino Terme.

L'episodio di Oltre il Colle

Un episodio più recente è invece avvenuto a Oltre il Colle. Una vicenda, questa, balzata alle cronache dopo la pubblicazione della lettera di un cittadino del paese a BergamoNews. Un'impresa di pompe funebri, arrivato il corpo di una signora morta da Bergamo, si è rifiutata di comporre la salma in una sala messa a disposizione dal parroco in osservazione al divieto regionale. In alternativa, si sarebbe potuta utilizzare la camera mortuaria del cimitero: un locale di nove metri quadri, senza aerazione e illuminazione adeguata.

Data la situazione, il sindaco si è attivato chiamando Ats e domandando una deroga al regolamento, come previsto dall'art. 3, assumendosene la responsabilità personale. Riuscendo, così, a sbloccare l'impasse. Nel frattempo, la defunta era rimasta dentro il furgone per un'ora, fuori nel piazzale davanti al Comune.

Chieste modifiche al regolamento

Il consigliere della Comunità montana Vittorio Milesi, vicesindaco di San Pellegrino, nel suo ordine del giorno ha segnalato «il susseguirsi di una serie di vicende incresciose e situazioni grottesche, che hanno coinvolto in modi e forme diverse, le famiglie dei defunti, il personale di Comuni ed Rsa, i parroci, i sindaci e le imprese di onoranze funebri», chiedendo quindi a Palazzo Lombardia «il riesame delle leggi e del Regolamento regionale, al fine di consentire l’utilizzo degli edifici di culto messi a disposizioni dalle Parrocchie come locali di osservazione e stazionamento di salme e feretri».

Nel frattempo, in Val Seriana, il sindaco di Valbondione Walter Semperboni ha scritto ieri (19 giugno) ad Ats Bergamo e al suo direttore generale per esprimere il proprio dissenso nei confronti della disposizione normativa.

«L'ultimo saluto a una persona cara in uno spazio sacro è per molti un diritto spirituale irrinunciabile, fondato sulla fede, sul rispetto e sulla dignità umana. [...] Privare i cittadini della possibilità di accompagnare i propri defunti all'interno della Casa di Dio significa non solo interrompere brutalmente un rito millenario, ma anche infliggere un'ulteriore sofferenza a chi sta già affrontando il dolore della perdita». Il primo cittadino auspica una revisione della norma, che ritiene ingiustificata e lesiva dei diritti fondamentali. In caso contrario, ha annunciato azioni legali.

Commenti
MAXB

Penso che ATS farebbe molto meglio se si preoccupasse dei veri problemi che ci sono, tra liste di attesa da calende greche e assistenza sul territorio completamente assente....Ma dai siate seri e state "vergognati" davanti ad uno specchio !!! Siamo fuori da tutti i limiti !!! Grazie, saluti.

E.

Basterebbe, come in ogni altro paese della bergamasca, aprire delle case del commiato gestite principalmente dalle stesse onoranza funebri... Io ho provato a stare il 27.12 in una chiesa per 3 giorni in attesa del funerale e si congelava....

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