«È sempre più difficile entrare di ruolo in università», la petizione contro l'ultimo Ddl
Il segretario di Flc-Cgil: «Si prevedono cinque figure post-laurea precarie e per alcune non è riconosciuto un reale rapporto di lavoro»
Anche la Flc-Cgil di Bergamo ha deciso di avviare la raccolta di firme contro la «Precarizzazione di giovani ricercatori e i tagli alla ricerca» e ha invitato i propri iscritti, i docenti e in generale i cittadini a firmare a questo link.
Perché una petizione
La petizione, lanciata da Flc-Cgil, la Rete29aprile e il Roars (con il supporto di Arted e Adi), nasce dall'approvazione a inizio agosto di un Ddl di revisione delle figure pre-ruolo negli atenei del territorio nazionale, con l'introduzione di cinque nuovi profili, tutti precari.
Sono oltre 21mila gli assegnisti di ricerca, novemila i ricercatori a tempo determinato nelle università e migliaia negli enti pubblici di ricerca. Per contrastare il provvedimento la Flc-Cgil, la Rete29aprile e il Roars (con il supporto di Arted e Adi) hanno lanciato una petizione online a cui stanno dando supporto anche tanti docenti di ruolo.
Le 5 nuove figure
Fabio Cubito, segretario generale della Flc-Cgil di Bergamo, sottolinea: «Nell'ambito già tracciato dalla legge 240/2010, si prevedono ora cinque figure post-laurea tutte precarie, per alcune delle quali non è neanche previsto il riconoscimento di un reale rapporto di lavoro: la borsa di assistente alla ricerca junior, la borsa di assistente alla ricerca senior, il post-doc, il professore aggiunto e il contratto di ricerca (già definito dalla legge 79/2022). Nella pratica, a laureati e dottori di ricerca che svolgono attività in università, enti di ricerca pubblici, accademie e istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale non si riconoscono diritti, rappresentanza e minime tutele (malattia, ferie, contributi previdenziali esigibili, accesso al welfare fiscale) o se ne riconoscono alcuni, ma al prezzo di ulteriori compiti (collaborazione alle attività didattiche e alla terza missione)».
Aggiunge: «Tutto questo avviene in una stagione che vede nuovi significativi tagli all'università e alla ricerca, come annunciato dalla riduzione di oltre 500 milioni di euro sul Fondo di Finanziamento Ordinario delle università, dalla cancellazione degli ultimi due anni del Piano straordinario avviato da Maria Cristina Messa che avrebbe dovuto ampliare le facoltà assunzionali degli atenei di oltre diecimila posizioni tra docenti e Pta (dando anche la possibilità di rivedere le assunzioni non completate su 2023 e 2024) e dalla mancata stabilizzazione delle risorse alla ricerca provenienti dal Pnrr, come sostanzialmente chiesto da molte voci del mondo accademico e della ricerca».