Lo strappo

Ecco perché la Caritas bergamasca non ospiterà più i migranti per conto dello Stato

Don Trussardi: «Sono stati modificati i criteri dell'accoglienza solo per gli ucraini. E gli altri?». I sette milioni non ancora pagati alla Diocesi e alle cooperative

Ecco perché la Caritas bergamasca non ospiterà più i migranti per conto dello Stato
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di Luigi de Martino

«Abbiamo fatto tanto in questi anni, siamo contenti di averlo fatto. Ma è arrivato il momento nel quale serve fare una riflessione profonda sull’accoglienza dei rifugiati così come oggi è concepita dallo Stato».

Don Roberto Trussardi, direttore della Caritas diocesana, parla della scelta della Chiesa di Bergamo di non partecipare più ai bandi della prefettura per l’ospitalità dei migranti. A fine mese gli ultimi richiedenti asilo ospiti del Gleno se ne andranno.

Don Roberto, non bastano i soldi messi a disposizione dal governo?

«La questione non è economica. La questione sono i criteri dell’accoglienza, che non accettiamo più: secondo noi non sono abbastanza rispettosi nei confronti dei migranti. A queste condizioni ci sentiamo in dovere di dire no».

Quali sono queste condizioni? Faccia qualche esempio.

«Spostare una famiglia da un appartamento a un altro quando si è appena ambientata per far spazio ad altri profughi; portargli da mangiare anziché dar loro i soldi necessari per la spesa (è una questione di rispetto e di responsabilità e oltretutto li obblighiamo a mangiare quello che diciamo noi). E poi i controlli notturni che dobbiamo effettuare per venti ore alla settimana: mandiamo in giro delle persone che in piena notte suonano il campanello nelle case degli ospiti per verificare la loro presenza. Una volta col decreto Salvini erano dodici ore, adesso con i bandi della Lamorgese sono salite a venti. Ma noi siamo educatori, non agenti di polizia».

Scusi, ma i bandi ultimamente non sono cambiati?

«Sono cambiati solo per gli ucraini ed è un altro motivo per cui in questo momento diciamo no. Perché per gli ucraini valgono criteri meno stringenti rispetto agli altri rifugiati? Noi di Caritas pensiamo che gli ospiti siano tutti uguali. Invece gli ucraini vengono trattati in un modo e gli africani in un altro. Fateci capire».

Ma se lo Stato rivedesse i criteri e invece di 21 euro ve ne desse quaranta, la partita si riaprirebbe?

«Se cambiano i criteri (e quello economico è soltanto uno), verificheremo. Mai dire mai: abbiamo lasciato una finestra aperta sperando che lo Stato modifichi i parametri, magari accogliendo alcune sollecitazioni che abbiamo fatto presenti a più riprese. Di sicuro però non aderiremo più a bandi da mille posti, come in passato».

Ma la Chiesa bergamasca continuerà a occuparsi di accoglienza?

«Certo, ma con tempi, modalità, risorse e criteri nostri. Lo stiamo già facendo, anche con gli ucraini. L’esempio dell’Ucraina per noi è lampante: così si fa l’accoglienza! Inglobandoli nelle parrocchie, facendoli partecipi, distribuendoli sul territorio a piccoli gruppi».

Quindi gli stranieri potranno ancora bussare alla Caritas?

«Senza dubbio, poi magari diremo: sì, riesco ad aiutarti, oppure, mi spiace ma non riesco. Anche oggi, del resto, se al Galgario ci sono cento posti, al centounesimo che si presenta, con dispiacere dobbiamo dirgli che non c’è posto». (...)

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