Il caso

Gandi sulla maxi rissa in centro: «Servono strategie di respiro nazionale, il Comune non basta»

Il vicesindaco: «Le famiglie di origine straniera sono sempre più: questi problemi dovremo cercare di affrontarli in maniera più consapevole»

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«È ovvio che questo è anche un tema di carattere sociale di cui non può farsi carico né il solo sistema delle forze dell'ordine, né tantomeno il singolo comune: ci vuole una risposta globale». Così Sergio Gandi, vicesindaco di Bergamo, si è espresso sulla maxi rissa avvenuta in centro nel pomeriggio di ieri, domenica 20 agosto, tra Porta Nuova e la stazione.

Un centinaio gli adolescenti - sia ragazzini che ragazzine - tra i quattordici e i diciotto anni, protagonisti di una serie di risse, aggressioni e regolamenti di conti.  Ferito, nella ressa, un quindicenne di origini egiziano in modo non grave e denunciato un diciassettenne italiano perché trovato in possesso di coltello.

Bergamaschi e italiani di origini marocchine, tunisine, senegalesi ed egiziane, la maggior parte risiede soprattutto in provincia. In particolare a Ponte San Pietro, Zingonia e Seriate. In molti sono stati portati in questura per procedere all'identificazione.

Il videomessaggio di Sergio Gandi

«È certamente un tema di ordine pubblico - spiega Gandi - per cui bisogna dare una risposta efficace quando questa è richiesta. E ieri, questa risposta peraltro è arrivata: gli scontri sono stati sedati, i ragazzi sono stati identificati, denunciati a piede libero, portati in questura. c'è stata anche risposta da parte delle forze dell'ordine. è ovvio però che questo è un tema, più che di ordine pubblico, di carattere sociale di cui non può farsi carico né il solo sistema delle forze dell'ordine, né tantomeno il singolo comune: ci vuole una risposta globale».

«Prima di tutto - prosegue il vicesindaco - è per conoscere meglio il fenomeno: abbiamo ragazzi di seconda o terza generazione, molte ragazze italiane che si accompagnano con ragazzi di origine straniera e di etnie diverse che non frequentano solo la nostra città e che si ritrovano spesso in maniera spontanea colloquiando tra di loro tramite i social, assumendo magari senza essersi mai direttamente conosciuti iniziative comuni, a volte legali e positive, a volte molto negative come quella di ieri».

La prima cosa da fare, secondo il vicesindaco, è quindi quella di «cercare tutti insieme di fare un passo avanti nella conoscenza del fenomeno rispetto al quale ho l'impressione ci sia molta strada da fare. Noi abbiamo messo in campo il progetto "Giovani onde" per i ragazzi del nostro territorio e credo che questo sforzo debba essere coordinato sul piano provinciale. Perché è un fenomeno strutturale che non si risolverà con qualche intervento di polizia, ma col quale dovremo cercare di convivere e cercare di coordinare e gestire e in qualche misura integrare nei prossimi mesi e probabilmente nei prossimi anni».

«L'ondata migratoria non cessa - aggiunge - e famiglie di origini straniere sul nostro territorio sono sempre più, questi problemi dovremo cercare di affrontarli in maniera più consapevole. Le battute sui social, buttare la croce addosso a qualcuno serve molto a poco. Le risposte che io spero siano anche di carattere nazionale non sono ad oggi giunte né dall'attuale governo ne da quelli di altro colore che li hanno preceduti. Al di là della prima accoglienza, il tema è scaricare le responsabilità sugli enti e poi disinteressarsene»

Gandi, quindi, chiede "aiuto" dai vertici: «Qui servono strategie, che sicuramente noi vogliamo concorrere a definire, e lo stiamo già facendo, ma che devono avere respiro nazionale. Ci aspettiamo un aiuto dal Ministero dell'Interno, delle Politiche Sociali, dalla presidenza del Consiglio, dalla Regione Lombardia. Io, per ora, questo impegno collettivo non lo vedo. Ma sono sicuro che invece sul piano territoriale ci sia e diventerà ancora più visibile nelle prossime ore e nei prossimi giorni».

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