Gori, la riforma della Giustizia e l'intitolazione a Enzo Tortora dei giardini davanti alla Procura
In un articolo per Il Foglio, il sindaco spiega ciò che avverrà oggi in città. E loda il pacchetto di riforme del Governo (di centrodestra)
Nel pomeriggio di oggi (sabato 17 giugno), i giardini di Piazza Dante a Bergamo verranno intitolati alla memoria di Enzo Tortora, noto volto delle tv degli anni Settanta e Ottanta che fu protagonista di uno dei più famosi e vergognosi casi di malagiustizia in Italia. Non una data casuale, quella del 17 giugno: proprio oggi, quaranta anni fa, Tortora veniva arrestato. E non un luogo casuale: i giardini di Piazza Dante, infatti, si trovano proprio davanti alla Procura cittadina.
Prima dell'intitolazione, prevista alle 19, alle ore 18, in Sala Galmozzi, Gaia Tortora, figlia di Enzo e giornalista di La7, presenterà insieme al senatore Filippo Sensi e al sindaco Giorgio Gori il suo libro Testa alta, e avanti. In cerca di giustizia, storia della mia famiglia. Tortora passò diverso tempo anche nel carcere di Bergamo, da qui il forte legame tra la nostra città e lui.
Gori e la riforma della Giustizia
In occasione della giornata, Gori ha scritto un articolo per Il Foglio nel quale, oltre che ripercorrere la vicenda personale di Tortora e parlare di ciò che accadrà nella sua città, spiega il motivo per cui ha deciso di compiere un gesto mediaticamente coraggioso come intitolare alla vittima più emblematica della malagiustizia italiana lo spazio della "sua" città che guarda la Procura. E ha anche colto l'occasione per, da un lato, ricordare i pochi che quarant'anni fa non si piegarono alla gogna mediatica di cui fu vittima Tortora (Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Leonardo Sciascia, Indro Montanelli), tra cui Vittorio Feltri; dall'altro per elogiare la bozza di riforma della Giustizia presentata dal Governo in questi giorni.
Di seguito vi proponiamo un estratto del testo del sindaco riferito proprio a quest'ultimo tema.
«[...] Il dolore galleggia, e l’unico modo per dargli un senso è quello di trasformarlo in una battaglia, in questo caso per un giornalismo più etico e per una magistratura più attenta.
Si tratta della direzione in cui si muove, finalmente, il pacchetto di riforme della giustizia approvato in questi giorni dal governo. È paradossale che a promuoverlo sia un governo di destra, ma tant’è. Il tenore delle reazioni ci dice che siamo ancora lì: presunzione di innocenza vs presunzione di colpevolezza, stato di diritto vs cultura della gogna, con un’ampia fetta della sinistra politica incapace di abbracciare una bandiera di buon senso e di libertà. Enzo Tortora avrebbe certo saputo da che parte stare. Nel poco tempo che gli è rimasto da vivere, conclusa la sua odissea giudiziaria, ha dedicato tutto sé stesso a battaglie come quella sulla responsabilità civile dei magistrati, con il referendum che nel 1987 raccolse l’80,5% di “sì”, o a quella in favore delle vittime di malagiustizia. Battaglie radicali, ma anche altamente liberali [...]»
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