la petizione

I sindacati alla Regione: «Riformate il sistema delle Rsa». A Bergamo raccolte 5mila firme

Tra le proposte, anche la copertura da parte del Pirellone delle rette per una quota pari almeno al cinquanta per cento

I sindacati alla Regione: «Riformate il sistema delle Rsa». A Bergamo raccolte 5mila firme
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Le Rsa devono essere in grado «di erogare un servizio sanitario e assistenziale altamente qualificato e la copertura delle rette da parte della Regione deve arrivare almeno al 50 per cento, per non riversare sulle famiglie un onere che, prima di tutto, è della collettività».

Sono queste le richieste avanzate dalle segreterie regionali dei sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil, che questa mattina (lunedì 14 giugno) hanno consegnato al Pirellone le prime 20 mila firme per chiedere un cambiamento radicale della sanità territoriale.

Un sistema che va riformato anche nell’ottica dei bisogni sanitari, sociali e assistenziali della popolazione più anziana. «È una tematica che si intreccia fortemente con quella dell’invecchiamento della popolazione e della non autosufficienza», sottolineano i segretari provinciali Caterina Delasa (Fnp-Cisl), Augusta Passera (Spi-Cgil), Emanuele Dalfino e Roberto Pezzotta (Uilp-Uil).

In provincia di Bergamo si contano 65 strutture, nelle quali risiedono oltre 6 mila anziani, coinvolgendo circa 20 mila familiari. In tutta la Lombardia sono invece oltre 700 le case di riposo, per un totale di circa 65 mila ospiti. «Le Rsa sono necessarie – aggiungono -, insostituibili quando le condizioni dell’anziano non sono più gestibili a domicilio».

A Bergamo, in questa prima fase, sono state raccolte circa 5mila firme, contribuendo al buon andamento della campagna regionale riassunta in otto punti che hanno a che fare con la trasparenza dei dati, gli esiti delle cure e delle rette, ma anche con le visite concesse ai famigliari garantendone la sicurezza.

«Questa non deve essere il pretesto per un isolamento inopportuno e incomprensibile – rimarcano i sindacalisti -, quando invece la situazione attuale consentirebbe alle strutture di essere parte integrante della comunità, aperte anche al volontariato. Il personale però deve essere adeguato nel numero e sempre più nella formazione che i nuovi bisogni richiedono».

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