Tullia Mastropietro

La dottoressa che vuole cambiare tutto e ha conquistato i giovani medici di famiglia

«A livello nazionale si cerca di mantenere in piedi un sistema che non regge più. Bisogna andare oltre le logiche sindacali e corporative»

La dottoressa che vuole cambiare tutto e ha conquistato i giovani medici di famiglia
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di Wainer Preda

Seimila euro in più all’anno ai medici che accettano di lavorare in «zone disagiate». È una delle proposte che Regione Lombardia sta valutando per sopperire alla carenza, cronica e per certi versi drammatica, di dottori di medicina generale e pediatri, sul territorio lombardo, Bergamasca compresa. Se basterà a risolvere il problema lo vedremo. Di certo, la situazione attuale in alcune zone della nostra provincia è grave, in altre addirittura gravissima. Sia per i professionisti, sia per i pazienti.

Prendiamo il caso della Valbrembana. Da tempo, qui non ci sono più medici nativi del luogo. «La situazione in valle è abbastanza critica, anche se credo non differente dal resto della provincia e, forse, della regione - spiega Tullia Mastropietro, medico di base che lassù deve dividersi fra sei ambulatori -. Abbiamo tre Centri di assistenza domiciliare, i cosiddetti Cad, attivi a Serina, Sedrina e Zogno, in sostituzione di tre medici di famiglia che sono andati in pensione recentemente e non sono stati sostituiti nemmeno da medici provvisori. Medici provvisori che, invece, stanno ricoprendo il posto di altrettanti quattro titolari, ormai pensionati da anni e mai definitivamente sostituiti».

«L’assistenza garantita dalle Cad - continua la dottoressa - è purtroppo inadeguata a coprire i bisogni sanitari dei cittadini, poiché si tratta di una guardia medica diurna, con orari e giornate di accesso molto limitati rispetto alla disponibilità di un medico di famiglia. Così i pazienti assistiti dalle Cad, anche comprensibilmente, si rivolgono spesso ai medici di base che operano in territori limitrofi, sovraccaricandoli ancora di più in questo particolare momento storico, nel quale la medicina di famiglia è messa a dura prova dai numerosissimi contatti, da una gestione certamente più complessa delle visite ambulatoriali e da un apparato burocratico impazzito. Si rischia di scoppiare e, comunque, di non riuscire a curare bene gli assistiti».

Una situazione davvero pesante. Che rischia persino di peggiorare in futuro. «Stiamo in realtà affrontando due problemi - spiega ancora Mastropietro -: la carenza di medici in valle e la carenza dei medici a livello generale. Vedo più possibile immaginare soluzioni locali, che stimolino e attraggano i giovani medici di famiglia a lavorare in un territorio certamente disagiato, ma ricco di aspetti positivi: nelle nostre piccole realtà riusciamo ancora ad avere un rapporto diretto con gli assistiti, con le istituzioni, con le strutture sanitarie. Stiamo molto lavorando sulla rete territoriale e questo argomento appassiona tutti».

Sulle soluzioni a carattere regionale e nazionale, invece, la dottoressa è pessimista. «Qualche anno fa, si sarebbero dovuti mettere i medici di famiglia in condizioni lavorative ottimali, abbassando il numero massimo di pazienti assistiti per migliorare il livello di cura, pur garantendo un’adeguata retribuzione. I medici avrebbero dovuto curare i pazienti e non diventare scribacchini sommersi da burocrazia». «Si dovrebbe cambiare tutto - aggiunge -. Invece, a livello nazionale stanno cercando di mantenere in vita un sistema che non regge più. (...)

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