l'appello

La logistica minaccia il Santuario di Caravaggio, Legambiente: «Misano riveda il Pgt»

L'associazione chiede che i terreni che circondano il luogo mariano, oggi destinati a prato, vengano sottoposti a un vincolo ambientale

La logistica minaccia il Santuario di Caravaggio, Legambiente: «Misano riveda il Pgt»
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Per evitare che la logistica possa “minacciare” l’area attorno al Santuario di Caravaggio è necessario che il Comune di Misano Gera d’Adda riveda il proprio Piano di governo del territorio. La richiesta arriva dal circolo di Legambiente Serio e Oglio, che sottolinea come nella Bassa Bergamasca siano già 2 milioni 800 mila i metri quadrati di terreno occupati dai capannoni.

Come riportano i colleghi di PrimaTreviglio, il circolo dell’associazione ambientalista (sostenuto da quelli regionale e bergamasco) ha chiesto che i 162 mila metri quadrati attualmente destinati a prato, che circondano il Santuario mariano, vengano sottoposti a un vincolo ambientale.

«Insediamenti a carattere produttivo, commerciale o logistico in quell'ambito determinano un significativo degrado del paesaggio che è di notevole pregio, stante la vicinanza al complesso monumentale del Santuario di Caravaggio, luogo di pellegrinaggio storico, che ha saputo mantenere splendore e solennità – sottolinea Paolo Falbo, presidente del circolo Legambiente Serio e Oglio -. La difesa del paesaggio deve coinvolgere tutti i Comuni che possiedono aree prospicenti un grande monumento, perché la cura delle aree circostanti moltiplica il valore dell'opera centrale e viceversa il loro degrado la svilisce».

La tutela paesaggistica dell’area attorno al Santuario mariano (il secondo in Italia per importanza dopo quello di Loreto) consentirebbe anche di salvaguardare il settore turistico, visto che il 42% dei viaggiatori ritiene di primaria importanza le mete culturali-religiose. Inoltre, Legambiente ha richiamato l'attenzione del Comune sull'impatto sociale che avrebbe l'edificazione di un ambito produttivo così vasto, appetibile soprattutto per le attività logistiche.

«Queste purtroppo richiamano principalmente migranti economici, disposti ad accettare condizioni salariali e contrattuali di vero sfruttamento – conclude Falbo -. Gli esempi sul territorio, non solo regionale, ma nazionale, narrano di Comuni che inizialmente hanno festeggiato l'apertura di nuovi poli logistici, ma che in seguito hanno rapidamente dovuto fronteggiare la crescita della spesa sociale, squilibri nei servizi scolastici e sanitari, tensione abitativa».

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