Una storia travagliata

La ricerca dell'uranio riaccende i riflettori su Valgoglio, dove Regione ha avviato una procedura pubblica

Nel 1959 fu scoperto il primo giacimento in Italia. La posizione del governo sul nucleare ha ravvivato l'interesse delle aziende

La ricerca dell'uranio riaccende i riflettori su Valgoglio, dove Regione ha avviato una procedura pubblica
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L'avvio di una procedura, a evidenza pubblica, per rilasciare il permesso di ricerca di uranio e minerali accessori nel comune di Valgoglio ha risvegliato nella popolazione il dibattito sul tema.

La frazione di Novazza, infatti, com'è noto a molti possiede l'unica miniera di uranio attualmente sfruttabile in Italia, anche se fu utilizzata prevalentemente per attività scientifiche e venne chiusa dopo il referendum sul nucleare del 1987, a margine della tragedia avvenuta a Chernobyl.

L'avviso pubblico per attività di ricerca

Regione Lombardia ha pubblicato l'avviso sul suo bollettino ufficiale ieri (mercoledì 23 luglio), anche se al momento non si cita espressamente l'attività estrattiva, bensì solo quella di studio e ricerca. Sebbene, qualora i risultati dovessero essere positivi per chi dovesse ottenere la concessione, appare abbastanza scontato che il prossimo passo sarebbe quello.

Negli ultimi tempi, a mostrare interesse era stata la Canoel Italia Spa, attiva dal 2012 nell'estrazione di gas e produzione di energia, così da normativa il Pirellone ha pubblicato il bando per eventuali altri soggetti, che dovranno inviare la loro manifestazione d'interesse entro 45 giorni dalla pubblicazione, ovvero dalla scorsa giornata.

Del resto, c'era da aspettarsi che il giacimento in Val Seriana tornasse sotto i riflettori, dopo che il governo italiano non ha nascosto di stare rivalutando un ricorso al nucleare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, soprattutto dopo i rincari e le difficoltà di approvvigionamento internazionale. La miniera, però, prima di lasciare spazio a qualsiasi tipo di operazione dovrà essere bonificata, dopo che i carabinieri forestali l'hanno posta sotto sequestro, in quanto veniva utilizzata come deposito illegale di rifiuti e materiali.

La storia della miniera

La scoperta del minerale avvenne nel 1959 a opera di Somiren, una società dell'Eni, e fu il primo giacimento accertato nel nostro Paese. Gli scavi portarono alla stima della presenza di un migliaio di tonnellate circa di uranio, poi fino agli anni Ottanta furono realizzate diverse gallerie, anche se a un certo punto non se ne trovo più altro.

Intanto, la possibilità che la miniera venisse effettivamente sfruttata per l'estrazione e il successivo impiego dell'elemento provocò una divisione nella gente del posto, tra chi vedeva tutto ciò come un'opportunità e chi era invece preoccupato per le ricadute negative. L'incidente nell'attuale Ucraina e la successiva chiamata alle urne degli italiani, che misero una pietra sopra il nucleare ancora prima che effettivamente venisse impiegato dalla nostra nazione, pose anche la parola fine ai progetti estrattivi.

Una decina d'anni fa, le gallerie erano tornate in auge quando si parlò di sfruttare invece la pietra verde della zona, la ignibrite, pure presente nella ex miniera. Nel 2019 la Techme di Villa d'Ogna chiese il permesso di estrarla, ma la vicinanza con il Parco delle Orobie, una zona di protezione speciale, bloccò tutto, anche se l'azienda ha vinto di recente un ricorso al tar che potrebbe riaprire il discorso. Per l'uranio, invece, la questione è molto più complicata e, per il momento, di certo non c'è ancora nulla.