La sentenza

L'Inps nega la reversibilità della madre deceduta: studentessa vince il ricorso in tribunale

L'Istituto contestava il fatto che la giovane avesse lavorato per 5 mesi in un asilo, guadagnando 4mila euro

L'Inps nega la reversibilità della madre deceduta: studentessa vince il ricorso in tribunale
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L'Inps aveva negato a una studentessa lavoratrice la reversibilità della pensione della madre, che era deceduta. Così, la ragazza si è rivolta all'Inca Cgil e, dopo un ricorso in tribunale, le è stato riconosciuto questo diritto.

La vicenda giudiziaria si è svolta in Bergamasca, dove, in seguito alla dipartita del genitore, la giovane (in corso legale di laurea) aveva chiesto aiuto al patronato per vedersi riconoscere  la contitolarità della pensione ai superstiti, quindi alla reversibilità, che l'ente le aveva però negato.

La controversia sul lavoro part time

«Il motivo era che aveva svolto un’attività lavorativa part time per pochi mesi presso una scuola dell’infanzia, percependo un reddito di poco meno di quattromila euro che, secondo l’interpretazione dell’Istituto, la rendeva economicamente autonoma e le faceva quindi perdere lo status di studentessa universitaria - ha spiegato oggi (venerdì primo dicembre) Emmanuele Comi, direttore dell’Inca di Bergamo -.

Di fatto, per quella piccola attività lavorativa, peraltro svolta quasi interamente prima del decesso della madre, le veniva rigettata la domanda di pensione di reversibilità perché per l’Inps il reddito, riparametrato al periodo di lavoro, era stato sufficiente a rendere la figlia orfana autonoma dal punto di vista economico. Non concordando con l'interpretazione della sede di Bergamo, abbiamo presentato un ricorso amministrativo, ma è stato respinto dal Comitato provinciale Inps. A quel punto, allora, abbiamo avviato una causa con l’assistenza legale dello studio Messi».

La vittoria nel ricorso

Il giudice ha accolto il ricorso, dichiarando il diritto della figlia orfana a percepire la quota di contitolarità della pensione ai superstiti e condannando l’Inps al risarcimento delle spese legali. Nella sentenza si legge infatti che «il criterio che prevede la riparametrazione del limite di reddito (8.481,94 euro per il 2017) sul periodo di svolgimento dell’attività lavorativa (cinque mesi) danneggia i figli studenti che svolgano lavori saltuari.

[...] Solo riparametrando il limite reddituale sui cinque mesi la figlia del ricorrente supera il limite, ma ciò si pone in contrasto con la Sentenza n. 42/1999 della Corte Costituzionale (pur richiamata nelle circolari Inps) che impone di valutare l’incidenza del valore prodotto dal reddito da lavoro sulla condizione generale di figlio orfano e studente. [...] Pur volendo ammettere la tesi della necessità della riparametrazione del reddito, tale operazione andrebbe comunque effettuata su base annua e non ‘riparametrato al periodo di svolgimento dell’attività lavorativa’».

Per Comi, quindi, di fatto «la sentenza sconfessa il Messaggio 2758/2016 dell’Istituto, sulla base del quale l’Inps di Bergamo aveva provveduto a rigettare la domanda di ricostituzione della reversibilità. Malgrado due pareri amministrativi negativi, abbiamo insistito e abbiamo avuto ragione».

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