Protesta

«L'Italcementi a Calusco vuole bruciare più plastiche e gomme per la produzione»

I comitati dei cittadini non ci stanno. Secondo le associazioni già adesso, ogni anno, dai camini dello stabilimento uscirebbero 40 chili di sostanze altamente nocive

«L'Italcementi a Calusco vuole bruciare più plastiche e gomme per la produzione»
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l comitato La Nostra Aria e Rete Rifiuti Zero Lombardia hanno voluto portare l’attenzione sul rischio di inquinamento pesante legate allo stabilimento Italcementi di Calusco d’Adda, che ha chiesto alla Provincia di Bergamo l’autorizzazione ad incrementare l’utilizzo di combustibili solidi secondari (tradotto: materiale plastico, gomma e pneumatici) nel suo ciclo produttivo.

Il 6 luglio, presso la sede della Provincia, si è conclusa la prima sessione dei lavori della Conferenza dei Servizi, che ha appunto lo scopo di autorizzare o negare la richiesta di Italcementi di incrementare da 30 mila a 110 mila tonnellate annue il loro utilizzo. Nel 2015 c’era stato uno studio, realizzato dalla stessa impresa, a cui l’ente pubblico aveva chiesto però, in seguito a preoccupanti relazioni di Ats Bergamo, un ulteriore studio epidemiologico: erano infatti stati trovati elevati quantitativi di metalli pesanti, dopo l’impiego dei combustibili in questione al posto del pet-coke. «Il dottor Agostino Di Ciaula - hanno spiegato le associazioni -, membro di Isde Italia, l’Associazione dei medici per l’ambiente, proprio in virtù dei dati pubblicati dall’azienda aveva calcolato che ogni anno, dai camini di Calusco, uscissero circa 15 chili di mercurio e 25 chili di arsenico».

I due gruppi si aspettavano che la valutazione dell’impatto sulla salute pubblica degli inquinanti emessi dal cementificio (che, per legge, hanno livelli consentiti sino a sei volte maggiori rispetto a quelli degli inceneritori) venisse effettuata utilizzando le più aggiornate linee guida internazionali, recepite dalla Regione Lombardia: «Invece, con nostra grande sorpresa, lo studio presentato da Italcementi non consente in alcun modo di associare ai residenti la verosimile dose di inquinanti a cui sono sottoposti».

Questo perché a loro parere «la metodologia adottata, invece di suddividere le aree geografiche in alta, media e bassa esposizione agli inquinanti, ha raggruppato la popolazione in aree altamente disomogenee, attribuendo a ciascuna una concentrazione media di esposizione agli inquinanti, tale da dissimulare ogni possibile correlazione tra tassi di mortalità dei residenti e inquinamento. Stranamente, poi, lo studio ha omesso di considerare gli eventi patologici legati alla gravidanza che, notoriamente, la letteratura scientifica correla all’esposizione ad impianti di incenerimento di rifiuti». Nella zona circostante al cementificio di Calusco d’Adda, che gli stessi autori dello studio presentato da Italcementi definiscono «tra le più inquinate d’Italia», insistono altre fonti inquinanti dovute ai diversi impianti industriali, ad un intenso traffico veicolare e alla presenza, nell’arco di 30 chilometri, di quattro inceneritori che ogni anno bruciano oltre 622 mila tonnellate di rifiuti. Cifre a cui, se Italcementi verrà autorizzata, si dovranno sommare altre 90 mila tonnellate.

«La Lombardia – hanno concluso le associazioni - nel solo 2019 ha bruciato oltre 900 mila tonnellate di rifiuti provenienti da altre regioni e ciò non compensa il rischio sanitario che corre la nostra popolazione, vista anche l’alta percentuale di raccolta differenziata da noi effettuata, ma risponde piuttosto al profitto degli enti privati che gestiscono gli impianti di incenerimento».

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