Crollata la produzione

"Maledetta primavera", per le api e per il miele sono tempi davvero duri

Uno "stato di calamità", soprattutto dopo le gelate di aprile. Acacia zero, un po' meglio i mieli aromatici come tiglio e castagno

"Maledetta primavera", per le api e per il miele sono tempi davvero duri
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di Ferruccio Martini

Sono passati esattamente quarant’anni da quando Loretta Goggi intonava sul palco del Festival di Sanremo la celeberrima Maledetta Primavera. Una canzone che purtroppo è di stretta attualità fra gli apicoltori che per il 2021 segnalano l’ennesimo “annus horribilis”. È un refrain che purtroppo si ripete in loop anche fra gli iscritti dell’Associazione Produttori Apistici della Provincia di Bergamo, fondata nei primi anni ’80. Attualmente conta circa 500 soci apicoltori di cui oltre novanta sono produttori apistici.

«È una stagione davvero difficile - spiega Giovanni Parolini, giovane apicoltore della Val Gandino che ha raccolto, come il fratello Alberto, il testimone dal papà Francesco -, che ha presentato già a primavera un vero e proprio crollo della produzione. Molti dei problemi sono legati alle gelate anomale di inizio aprile, che hanno letteralmente azzerato la produzione del miele di acacia. In una stagione di norma propizia, le api non potevano bottinare il nettare, sia per le basse temperature che per il persistere di vento, che non favorisce la normale evoluzione della vita dell’alveare in un periodo tanto cruciale». Secondo alcune stime, nei casi più fortunati, un alveare ha prodotto fra 500 grammi e un chilo contro i 20 chili degli anni passati.

A dire il vero, ci sono anche due date segnate in rosso sul calendario degli apicoltori. Sono quelle del 7 e 8 aprile, fissate anche in un alert specifico dell’Osservatorio Nazionale del Miele. Si è scesi anche sotto i nove gradi, sia al Nord che al Centro Italia, con danni irreparabili ai fiori. Molte gemme non hanno resistito al gelo, e molte altre non sono sbocciate nei giorni successivi. Eppure l’inverno aveva lasciato presagi positivi, poiché le basse temperature e le precipitazioni (pioggia e neve) sicuramente importanti, avevano portato in molti casi al “blocco di covata”, con le regine meno propense a deporre uova e quindi con alveari più “forti” e meno attaccati dai parassiti. Poi un periodo asciutto (con problemi per i fiori di ciliegio e tarassaco) e le gelate hanno dato vita alla “maledetta primavera” di cui sopra.

«Un pochino meglio - continua Parolini - è andata per i mieli aromatici come tiglio, castagno e millefiori di montagna, che nel momento di maggior fioritura hanno trovato condizioni meteo un poco più stabili e consone. C’è da dire però che la difficilissima primavera ha in molti casi indebolito le arnie, rendendole comunque meno produttive in stagione. L’unico aspetto positivo è che probabilmente questo scenario ha portato a una diminuzione della varroa, un acaro parassita esterno che attacca le api. Ma è una magra consolazione».

Il quadro del 2021, completato dai cambiamenti climatici e dai conseguenti frequenti fenomeni estremi del meteo, è quindi particolarmente critico, con una situazione di “stato di calamità generalizzato” certificato dall’Osservatorio Nazionale, con una forte perdita di reddito degli operatori, considerando anche i costi sostenuti per la nutrizione di soccorso degli alveari.

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