Il villaggio del 1878

Non museo ma fabbrica di idee. Così Percassi sta salvando Crespi d'Adda

L'architetto Piantelli:«Nel vecchio stabilimento troveranno posto il quartier generale della società, laboratori e forse i master della Iulm»

Non museo ma fabbrica di idee. Così Percassi sta salvando Crespi d'Adda
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di Paolo Aresi

Non diventerà un museo, ma continuerà a respirare, a vivere, a essere sede del lavoro. Crespi d’Adda si avvia verso la sua seconda giovinezza, mantiene il suo senso più profondo, può sorridere. Il merito va all’intuizione di Antonio Percassi che, quando vide questo luogo, già inserito nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, decise che non si poteva lasciarlo andare in malora e che nemmeno era giusto che divenisse l’insostenibile museo di se stesso: la testimonianza morta di un’epoca passata.

No, Percassi acquistò questo angolo, affacciato sul fiume Brembo, nel 2013 dall’industriale Polli quando ormai le macchine dello stabilimento tessile erano ferme da dieci anni. E sognò di farne il suo quartier generale. Doveva diventare realtà nel giro di due-tre anni, invece difficoltà burocratiche e incomprensioni hanno fatto scivolare tutto in avanti.

Finalmente, nei giorni scorsi, a metà settembre, il sogno ha fatto un grande passo, la Regione ha dato il via libera all’accordo di programma che coinvolge il gruppo Percassi (Odissea, la sua holding), Regione Lombardia, Provincia di Bergamo, Comune di Capriate San Gervasio. Alla fine sarà un investimento superiore ai cento milioni di euro (pare sui centoventi, ma con i prezzi che continuano a salire è difficile fare pronostici).

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Quei bravi studenti

Crespi venne dichiarato patrimonio dell’umanità il 5 dicembre del 1995, tanti anni prima delle Mura di Bergamo. L’iniziativa venne portata avanti da alcuni giovani del posto, studenti universitari che si riunirono nel “Centro Sociale Fratelli Marx”, fra studio, cultura e goliardia.

Gli studenti si preoccupavano, temevano che quel luogo così importante, quel luogo di incanto, venisse deturpato, devastato, magari dagli appetiti di costruttori senza scrupoli e di politici senza cultura. I giovani elaborarono un progetto da presentare all’Unesco, superando la contrarietà di taluni e lo scetticismo di altri. E l’Unesco diede ragione agli universitari.

Crespi divenne l’unico bene italiano privato inserito nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità (World heritage list). La cittadina creata dal nulla attorno alla fabbrica, progettata per impiegati, operai e dirigenti con tutte le comodità dell’epoca, era un patrimonio da non dimenticare: casette con servizi igienici, con gli orti, una cittadina con scuola, cimitero, ospedale, campo sportivo, teatro, stazione dei pompieri e pure il velodromo.

Il progetto venne assegnato a Ernesto Pirovano e a Pietro Brunati. Pirovano, fra l’altro progettò il cimitero monumentale di Bergamo. Tra le peculiarità di Crespi c’è anche la proprietà: non è mai stato un luogo pubblico (...)

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