Notte al Pronto soccorso del Papa Giovanni: «La lunga attesa, il trasferimento e poi...»
Un lettore descrive la sua esperienza all'ospedale di Bergamo, dove si era recato per un'appendicite. La risposta della Asst
Il Pronto soccorso non è sicuramente il posto più auspicabile dove passere il proprio fine settimana, ma se, come nel caso di un nostro lettore, l'appendice decide di fare le bizze proprio di venerdì, non c'è altra opzione se non dirigersi all'ospedale più vicino.
Una volta arrivato al Pronto soccorso del Papa Giovanni di Bergamo, però, il lettore si è trovato di fronte a una lunga attesa e ha passato così diverse ore in una condizione che «non mi aspettavo potesse essere tanto difficile».
L'attesa per la visita
Nello specifico, il lettore è arrivato in Pronto soccorso verso le 22.30 di venerdì 18 ottobre: «Mi sono trovato subito davanti a una situazione che neanche immaginavo. Le sale e i corridoi erano pieni e, dopo avermi fatto il controllo in ingresso, mi hanno assegnato un codice azzurro (il più basso per gravità). Ho capito quindi che avrei dovuto aspettare diverse ore. Dato che mi stavo piegando dal dolere, quantomeno, un'infermiera mi ha dato un antidolorifico. Quando è stato il mio turno non potevo crederci: erano le tre e mezza!».
L'attesa per la diagnosi
Dopo la lunga attesa e dopo la visita, al paziente sono stati prescritti degli esami più approfonditi: «Mi hanno subito fatto l'ecografia - spiega -. Però poi, mi hanno detto che per la diagnosi avrei dovuto aspettare il medico, che non sarebbe arrivato prima delle otto della mattina seguente. Non mi restava quindi che aspettare e l'ho dovuto fare su un lettino lasciato nei corridoi e che mi sono dovuto trovare da solo. Eravamo in tanti in questa situazione e fra di noi abbiamo iniziato a scambiarci anche qualche parola: tutti eravamo stupiti del trattamento che ci stavano riservando. Francamente, assurdo».
Il trasferimento
La mattina è arrivata e con questa il medico, che, visti gli esami del lettore, ha decretato: appendicite. «Non sono rimasto sorpreso, perché per il tipo di dolori me lo aspettavo - spiega sempre il lettore -. Mi hanno detto che però in reparto a Bergamo non c'erano stanze disponibili per l'intervento. Se ero d'accordo, però, mi avrebbero portato all'ospedale di Ponte San Pietro. Naturalmente, ho accettato».
Il trasferimento è avvenuto quindi in ambulanza e anche qui, all'arrivo al Ps dell'ospedale vicino, il pazienta ha constatato: «La scena non era diversa da quella della serata precedente a Bergamo: erano pienissimi. E forse il livello di nervosismo e di tensione era ancora più alto. Le infermiere non ce la facevano a seguire tutti i casi, tanto che inizialmente sembrava non mi volessero prendere. Poi quando hanno visto che si trattava di un trasferimento diretto in reparto, mi hanno controllato velocemente i documenti e sono stato accettato».
«Sbattuto fuori»
Conclude: «Alla fine sono stato operato di sabato sera. Il lunedì mattina mi hanno fatto cambiare in fretta e furia perché serviva la stanza. Dopo tanto travaglio, tanta fatica per accedere alle cure, mi hanno letteralmente sbattuto fuori con l'ultima flebo appena fatta. La vicenda, nel complesso, continua a lasciarmi attonito. È possibile essere trattati così e avere delle strutture così in affanno?».
La risposta dell'ospedale
L'Asst Papa Giovanni XXIII risponde: «Capiamo che i pazienti in Pronto soccorso possano avere a volte la percezione di stare troppo tempo in attesa, ma possiamo assicurare che i nostri medici, infermieri e tecnici del Pronto soccorso dedicano a ciascuno dei circa centomila pazienti visitati ogni anno l'attenzione dovuta in base alla gravità rilevata al triage e ai sintomi che gli stessi lamentano».
220 pazienti
Entra poi nel caso specifico del nostro lettore: «Quando il paziente si è presentato (poco prima di mezzanotte in un giorno feriale) il personale del Pronto soccorso stava gestendo la "coda" dei 220 pazienti presentatisi in giornata e che nel tempo in cui è stato assistito sono stati visitati altri 109 pazienti, di cui 61 con diversi gradi di urgenza (codici rossi, arancione e azzurro). Riguardo al caso specifico, il paziente, poco dopo il triage, è stato preso in carico dagli infermieri per la prima assistenza e dai medici per le necessarie valutazioni cliniche. Entro le prime tre ore sono stati disposti gli esami che hanno permesso di arrivare ad una diagnosi».
Sottolinea: «Il personale presente in turno, in diverse occasioni, si è premurato di valutare la gravità dei sintomi per un eventuale intervento con farmaci, che non si è reso necessario. La mattina il paziente è stato informato che, in mancanza di posto letto disponibile, sarebbe stato trasferito ad altro Ospedale. Il trasporto è stato poi organizzato grazie a un'ambulanza, dopo aver provveduto ad individuare la struttura idonea previo necessario coordinamento clinico con il personale sanitario della stessa».
Basterebbe rendere più appetibili le professioni sanitarie destinando più fondi economici per strutture, stipendi ecc. ecc. e allora avremmo più personale negli organici delle aziende ospedaliere, ma si sa che ormai la sanità viene considerata un costo e solo privatamente ormai ci si può curare .
Il paziente in poche ore è stato preso in cura, ha fatto esami del sangue, ecografia, valutazione medica, ed estato trovato un posto in un ospedale vicino, e operato il giorno successivo, in meno di 18 ore, non mi sembra un'attesa così biblica.. Se in pronto soccorso si recassero solo i pazienti URGENTI, ci sarebbero meno attesa. Mi chiedi quanti dei 220 della mattina, esclusi i codici più gravi hanno consultato il loro medico cura, o hanno raggiunto direttamente il pronto soccorso, per fare tutto prima e gratis, di fatto rubando tempo alle vere urgenze
La sanità soffre da anni questa situazione. I medici preferiscono le strutture private ai pronto soccorso. Come biasimarli? Guadagnare di più con meno ore e senza insulti dai cafoni. Quindi "basterebbe" pagare di più il personale e assumere di più. Ma con che soldi? Con i miliardi dell'evasione non sarebbe male.... Pensateci la prossima volta che sentite la frase "senza fattura le faccio lo sconto": non sta facendo lo sconto, non sta pagando l'iva e non pagherà le tasse su quel reddito. Quello "sconto" è un pezzo di medico che non c'è, un pezzo di aumento di stipendio che non ci sarà mai, e questo vale per tutto il settore pubblico.
È sempre facile o difficile commentare simili vicende. La prima domanda che ci dovremmo porre è perché i nostri PS sono sempre così affollati e, di conseguenza, con un rapporto personale /degente sempre in affanno. Il PS è lo scarico di una medicina territoriale che non funziona e che non viene riformata, è il posto dell ospedale più difficile da gestire perché se ci pensate, può arrivare di tutto e questo richiede una pronta organizzazione e la capacità ( che fi solito ha) di modulare la gravità delle richieste. Se ci pensate sui quei 200 PZ in visita forse c'era qualcuno che stava morendo e che assorbiva una importante quantità delle cure. Concordo che la riforma del sistema debba partire dall alto ma anche che noi dovremmo imparare quando effettivamente andare al PS e quando dal medico di famiglia.
Non stupore ma sconforto. 220 accessi in un pronto soccorso è come essere all'ospedale di Gaza. Italiani, abbiamo voluto il numero chiuso per la facoltà di medicina? Bene, e grazie al governo Prodi di allora, ci sono meno medici ai pronto soccorso, perché quelli che ci sono stanno alla larga dalle aree di emergenza. Meglio fare l'infettivologlo o l'oculista, quelli non hanno l'affanno