Prescrive un farmaco "fuori etichetta", Ats chiede 333mila euro a una dottoressa di Bergamo
Il medicinale era stato suggerito da un neurochirurgo. La dottoressa ha impugnato la richiesta al Tar, ma è stata respinta
Per due anni, nel 2018 e nel 2019, ha prescritto un antidolorifico "fuori etichetta" a un suo paziente che lamentava forti dolori. Ora, una dottoressa di base bergamasca potrebbe dover rimborsare al Servizio sanitario nazionale quasi 333 mila euro (332.992, 38 per la precisione), pari al costo del medicinale, per «inappropriatezza prescrittiva».
Il medico, come riporta Corriere Bergamo, aveva prescritto il farmaco a un giovane con dolori intermittenti e forti che nessuna visita aveva risolto. Fin quando, dopo una visita con neurochirurgo, questi gli suggerisce per iscritto il medicinale, che la dottoressa prescrive, con buon riscontro da parte del paziente dal momento che i dolori calano.
La richiesta di rimborso, che potrebbe essere archiviata
Cinque anni più tardi, il 27 gennaio 2024, la richiesta di rimborso da parte di Ats, sulla base del verbale della Commissione aziendale per l’appropriatezza farmaceutica (Caaf) di Ats del 20 dicembre 2023. Così la dottoressa si rivolge al Tar, chiedendo la sospensione dei due documenti: la richiesta viene respinta, perché il risarcimento non sarebbe - per ora - stringente.
Ats, in una nota, ha spiegato che se il medico non provvederà a risarcire spontaneamente il danno, il tutto verrà segnalato alla Procura contabile, che potrebbe chiedere la conferma del risarcimento così come anche al sua archiviazione. Non è chiaro quale sia il farmaco prescritto, né quale fosse l'effettivo problema del paziente.
A spiegare la complessa questione ci ha pensato il presidente dell'Ordine dei medici Guido Marinoni, che a Corriere Bergamo ha detto: «Le indicazioni terapeutiche dei farmaci sono definite nella scheda tecnica», sebbene la legge ammetta l'impiego di medicinali per motivi diversi da quelli autorizzati, mentre altri possono anche avere nuove indicazioni non registrate. Il dubbio resta sul pagamento di tali medicinali, dal momento che i farmaci fuori etichetta non sono a carico del Sistema sanitario nazionale.
Sono basita,io paziente con fibromialgia e lasciamo perdere altre patologie,per poter stare in piedi uso un farmaco oppiaceo che non passa il ssn,13€ a confezione ogni 20g, sembra poco,ma sono 5 anni che lo uso.Il problema? documenti ogni volta che lo ritiro,predica del medico quando lo richiedo, neanche la cannabis terapeutica mi dà sollievo, comunque solidarietà a questo medico!
A seguito della visita neurochirurgica forse sarebbe bastato modificare la diagnosi. Così il farmaco non sarebbe stato off label , ma con l' indicazione specifica per il tipo di dolore.
Bel modo per trattenere i medici.... ormai siamo al paradosso.... al tragicomico.... e poi ci si chiede perche' la gente non vota più.... questi burocrati senza arte ne parte sono la rovina del Paese....
Penso che i farmaci vengono studiati per curare determinate patologie e che il loro uso non è deciso dal paziente,vero che in alcuni casi le schede tecniche non sono aggiornate,in questo caso esistono nelle ASL apposite commissioni che vagliano il caso sempre alla luce degli studi.I limiti esistono per ogni cosa visto che siamo umani.
La scienza è in continua evoluzione e magari i farmaci non specifici ad un determinato uso, un domani, potranno essere altresì usati per scopi diversi... Bisogna ricordare a coloro che hanno portato in giudizio la dottoressa, che esiste l uso off label di molti farmaci, come ssri ed snri usati per le mialgie severe