Al Patronato

Quella Via Crucis con i senzatetto della stazione di Bergamo, che nessuno si aspettava

Il Venerdì Santo, alle 15, in un silenzio commosso, si è celebrata la liturgia della tradizione che ha sorpreso tutti, anche i sacerdoti

Quella Via Crucis con i senzatetto della stazione di Bergamo, che nessuno si aspettava
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Venerdì Santo, ore 15. Nel cortile del Patronato, in via Gavazzeni, si celebra una Via Crucis. A reggere le immagini delle quattordici stazioni, stampate su semplici fogli di carta, ci sono i senzatetto della stazione.

Nessuno immaginava che sarebbero venuti per la processione, e nessuno poteva pensare che sarebbero venuti così in tanti: più di cento. Alcuni di loro reggono le immagini, sono disposti a trenta passi l’uno dall’altro e osservano in silenzio.

A guidare la funzione è il don Vinicio Corti, «il prete “anarchico” che non ha il peccato originale, perché non sa vedere il male», come lo definisce don Davide Rota, superiore del Patronato. Don Vinicio è felice di vedere tutta quella gente riunita: gente “normale”, senzatetto e senza patria, bianchi e neri. «Che gioia, che meraviglia», dice.

Librettino alla mano, si comincia. Il rito è quello della tradizione: titolo della stazione, lettura del vangelo in italiano e in inglese (affidata a immigrati), silenzio, due parole e l’antico canto “Ti saluto o croce santa...”.

Alla seconda stazione, il senzatetto che regge l’immagine di “Gesù caricato della croce” è scomparso. Don Vinicio lo cerca e lo trova seduto a riposarsi su una panchina. Riprende il suo posto con espressione dignitosa. Lo guardano tutti.

Alla quarta stazione “Gesù incontra sua madre”, don Vinicio, fuori programma, chiede di recitare un’Ave Maria in tutte le lingue presenti (almeno una decina). C’è un’inspiegabile commozione. La sesta stazione è affidata a una ragazza, pallida, con ancora il sacchetto del cibo in una mano. Ha le lacrime agli occhi. Dopo di lei una trans brasiliana sotto la statua della Madonna.

Il corteo prosegue e ripete il canto della croce. Le stazioni scivolano via e si arriva al sepolcro. A tenere il foglio c’è un uomo su di età che trema visibilmente. Non ce la fa più a stare in piedi, la schiena gli fa male, ma resiste.

Alla fine, intorno alla chiesa del Patronato si guardano tutti, qualcuno fuma, qualcuno sorride e ci si sente tutti uguali, anche se qualcuno torna nella sua bella casa e qualcun altro torna alla stazione, senza una casa. Eppure tutti, forse, con un pizzico di speranza in più.

Commenti
il mio

Non conosco Don Vinicio ma credo ne valga veramente la pena.

Giovanna

Anchio conosco Don Vinicio dai tempi in cui era maestro del coro Shalom di Celadina. Ho sempre visto in lui l'autenticità dei suoi gesti, l'apertura di cuore. Privo di pregiudizi, che si prodiga con i fatti e non solo a parole per essere vicino a tutti quelli che lo cercano. Immensamente grata della sua presenza e della sua testimonianza in questo mondo.

Marina Armici

Don Vinicio, il mio prof di religione alle medie, secoli fa, lo ricordo ancora con affetto e ammirazione. Una Fede infinita, grazie per la pazienza che hai avuto con alunni non certo invidiabili

Luciano

Le vie sono del Signore occorre seguirle come fa Don Vinicio..grazie Don Vinicio. Un vero sacerdote..

Adonella

Don Vinicio è una forza della natura, sempre commovente, quando ci parli ti vibra il cuore.

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