Raddoppio Bergamo-Ponte, lavoratori trascurati: «Perché bus diretti solo per gli studenti?»
La testimonianza: «Prima tornavo ad Ambivere in un'ora, adesso in due. Ci hanno chiesto di pazientare, dopotutto quale è l'alternativa?»
«Sono una donna che lavora da 37 anni, ma solo da due sono pendolare e utilizzo il treno per la tratta Ambivere-Bergamo, il treno Lecco-Bergamo»: inizia così la testimonianza di una nostra lettrice che lamenta i disagi provocati dall'interruzione della linea tra Bergamo e Ponte San Pietro causata dai lavori per il raddoppio da una prospettiva poco considerata, quella dei lavoratori.
Tempo di percorrenza raddoppiato
«Prima che iniziassero i lavori per la costruzione del secondo binario, il tempo di percorrenza per tale tratta era un'ora - racconta la donna -. Uscivo dal posto di lavoro alle 14.30, prendevo il treno in stazione delle 15.08 e arrivavo a casa 15.30. Ora gli orari del bus sostitutivo sono 14.34 (Lecco), 14.49 (Milano), 15.34 (Lecco) e sono stati studiati per essere abbinati ai relativi treni nella stazione di Ponte San Pietro. Quindi, scartando il bus delle 14.34, in quanto impossibilitata a prenderlo per il troppo poco tempo, mi rimane il bus abbinato al Lecco delle 15.34, che si abbina al treno delle 16.15 a Ponte con un rientro a casa previsto per le 16.30. Tempo di percorrenza per circa 18 km, due ore».
«Ogni giorno devo combattere con i secondi»
Il risultato immediato per la lavoratrice è, quindi, quello di vedere il tempo di percorrenza raddoppiato. Da qui allora il tentativo di fare da sé, trovando soluzioni alternative. La donna spiega infatti che, per non attendere per un'ora la coincidenza a Bergamo, ha cambiato strategia, scegliendo di prendere il bus delle 14.49, che però non è diretto ad Ambivere, ma si ferma a Ponte San Pietro alle 15.15 e proprio a quell'ora e a quel minuto parte il treno per Lecco.
«Ogni giorno devo combattere con i secondi - spiega quindi la lavoratrice -. Devo scendere per prima dal bus, attraversare all'impazzata la strada e sperare che il macchinista del treno decida di partire qualche minuto dopo. Se la fortuna mi assiste, sono a casa per le 15.30, l'orario di sempre, altrimenti tutta questa fatica non è servita a nulla perché poi il treno successivo è alle 16.15. Basterebbe che il treno invece di partire alle 15.15 partisse qualche minuto dopo per accontentare tutti i pendolari, i turisti e altri lavoratori che subiscono lo stesso disguido».
«Quale alternativa?»
Da qui una serie di domande: «Se prima Trenord mi garantiva il viaggio in un'ora, perché ora è raddoppiato? Perché i bus diretti sono garantiti solo per gli studenti? Infatti finita la scuola noi lavoratori non avremo più la possibilità di usufruire di questo servizio creandoci ulteriori disagi. Ci hanno chiesto di portare pazienza per tre anni. Abbiamo forse un'altra alternativa? Forse cambiare lavoro? Forse cambiare orario? Smart working? Non è sempre possibile in tante aziende! Forse prendere l'automobile? Inquiniamo ulteriormente una città bella come Bergamo? E una volta arrivati a Bergamo, dove la parcheggiamo? Quanto costano i parcheggi?».
Pazienza finita
Il sistema di bus sostitutivi ha effettivamente riservato maggiori attenzioni agli studenti, offrendo un servizio più intenso nelle fasce orarie del loro ingresso e della loro uscita da scuola, lasciando però più povere quelle di ritorno dei lavoratori. L'occhio di riguardo per i ragazzi, tuttavia, non sempre ha ottenuto i risultati sperati, dato che ancora tanti sono i problemi lamentati dai genitori. Proprio in questi giorni hanno scritto alla nostra redazione: «Noi ci siamo adeguati agli orari che ci hanno imposto facendo uscire i ragazzi da scuola quindici minuti prima e non ci danno un servizio adeguato».
La pazienza sembra finita da entrambe le parti, quindi. Con la lavoratrice che scrive: «Anche noi pendolari abbiamo alcune richieste: dateci la possibilità di arrivare a casa in tempi decenti (non è possibile percorrere 18 km in 2 ore) e aumentate le corse mantenendo i bus diretti. In fin dei conti stiamo lavorando e non ci sembra di chiedere l'impossibile!».