Rsa riaperte alle visite ai parenti? Macché, in Bergamasca 15 strutture inadempienti
È quanto emerge da una ricerca di Orsan, associazione che raccoglie i familiari degli anziani ricoverati. Segnalate 204 case di riposo in Italia
Risalgono a quasi due mesi fa le direttive pubblicate dal Ministero della Salute per la riapertura delle Rsa alle visite dei parenti, ma nella Bergamasca ci sarebbero però ancora ben 15 le strutture inadempienti.
È quanto emerge da una ricerca elaborata da Orsan, acronimo che sta per “Open Rsa now”, l’associazione che raccoglie i familiari degli anziani ricoverati. Secondo il monitoraggio resta difficile accedere in 204 case di riposo italiane, circa la metà delle quali in Lombardia.
«È una vergogna che stiamo denunciando da tempo – sottolinea Caterina Delasa, segretaria generale Fnp Cisl di Bergamo -. Speriamo che l'indagine serva a smuovere chi si trincera dietro comode responsabilità. C'è prima di tutto mancanza di umanità, oltre che di volontà politica. La necessità della sicurezza non può essere un alibi per comportamenti vessatori verso persone indifese, che non hanno modo di far valere i propri diritti».
L’esposto inviato al Ministero dall’associazione definisce «vessazioni, diritti negati e libertà compresse» le visite di brevissima durata, tra i 15 e i 25 minuti, e limitate nella frequenza, una volta alla settimana e non nei fine settimana. Difficoltà acuite da appuntamenti che vengono fissati anche 15 giorni prima della visita, dalla scomparsa dei servizi d’animazione e dal divieto assoluto d’ingresso ai familiari che assistono ospiti con disabilità gravissime.
Tra le segnalazioni arrivate agli uffici del sindacato dei pensionati bergamasco vi è quella di una signora della città che, disperata, ha deciso di accogliere in casa la propria mamma. Solo in quel momento è stata avvisata però che la donna non era più in grado di coricarsi o di alzarsi dal letto da sola.
«Gli anziani spesso trascorrono molto tempo a letto – aggiunge Delasa - a scapito del mantenimento del proprio livello di autonomia, già ridotto. Parenti e volontari non possono più aiutarli a mangiare; questo ha come conseguenza il ricorso a cibi liofilizzati più che frullati, o all'alimentazione artificiale. Denunciamo da mesi questa situazione. Confidiamo che la Regione finalmente intervenga. Smettiamola di far finta che le cose funzionino bene ovunque».