Se ne vanno gli ultimi immigrati dall'Africa: a fine mese chiude l'accoglienza al Gleno
Dopo Botta di Sedrina, la Caritas "svuota" anche l'ultimo centro d'accoglienza rimasto. I duecento ospiti saranno trasferiti a Milano e in altre province
di Angelo Bosio
A fine maggio gli ultimi immigrati dall’Africa lasceranno la ex casa di riposo di via Gleno e la struttura chiuderà i battenti in via definitiva. Si tratta di circa duecento persone, le ultime rimaste della grande ondata del flusso migratorio che investì l’Italia dal 2013 al 2017 (circa 250 mila arrivi all’anno, per confronto, ora siamo sui 50 mila), che nella nostra provincia portò all’incirca settemila e cinquecento cittadini stranieri in cerca di asilo politico o, comunque, di rifugio.
Arrivavano dalle zone dell’Africa più povere o minacciate dalla guerra, quasi tutte avevano percorso la rotta del deserto ed erano approdate in quel paese d’inferno che è la Libia, in attesa di affrontare il mare sui barconi. Nelle case di accoglienza della Caritas alla Botta di Sedrina o al Gleno o a Casazza raccontavano storie difficili da credere, di morte, di stenti, di crudeltà efferate. Al massimo, in contemporanea, sono state ospitate nelle strutture della nostra diocesi 1.700 persone.
La decisione della chiusura è arrivata in accordo fra la Caritas di Bergamo e la Prefettura. La situazione si era fatta insostenibile per diverse ragioni. La struttura del Gleno è ormai molto fatiscente, esistono problemi con la fognatura, con la tenuta del tetto e con la caldaia che eroga acqua calda. Inoltre la Fondazione Carisma, proprietaria della struttura del Gleno, ha in programma la costruzione di una nuova ala dedicata ai malati di Alzheimer proprio su quel terreno. A queste ragioni bisogna aggiungere anche la difficoltà per la Caritas di mantenere gli ospiti dovendo garantire a ciascuno il mantenimento, che comprende anche l’affitto per la struttura della Carisma, le bollette del gas e della luce, dal prezzo triplicato in questi ultimi mesi... E in più la piccola diaria, 2,5 euro al giorno, da dare a ciascun ospite. Per contro, il contributo complessivo dello Stato è di 21 euro a persona e i pagamenti sono fermi a tre anni fa. Insomma, per la Caritas lo sforzo era ormai insostenibile, anche perché penalizza altri interventi di assistenza, pure importanti.
«È stata comunque un’esperienza molto importante - spiega don Roberto Trussardi, direttore della Caritas diocesana -. Per più di dieci anni abbiamo gestito questa situazione, e in maniera molto forte dal 2013 in avanti. Delle migliaia di migranti che abbiamo ospitato, un 30-40 per cento si è sistemato bene, ha trovato un lavoro, molti hanno effettuato il ricongiungimento familiare, hanno una casa. Una fetta analoga ha raggiunto altri Paesi europei, mentre c’è una parte che è scesa nel Sud Italia e che lavora nelle campagne, purtroppo spesso sfruttata dal caporalato. C’è anche un gruppo che è rimasto a Bergamo, ma non è riuscito a trovare una sistemazione e nemmeno una regolarizzazione. Sono le circa 350 persone di colore ospiti del Patronato, delle mense, del dormitorio del Galgario».
L’emergenza dall’Africa per adesso sembra rientrata, almeno in parte. E si è calmata decisamente anche la situazione degli arrivi dall’Ucraina, il flusso si è praticamente fermato e qualcuno ha cominciato a tornare in patria, perché tante attività stanno ripartendo, approfittando del fatto che la guerra si è concentrata soprattutto verso il Donbass.