Senzatetto alla stazione delle Autolinee, la svolta: chiuderà la mensa "Posto caldo"
Lo spazio per i poveri verrà trasferito al Patronato. Dopo gli sgomberi, il marciapiede è vuoto, pulito e presidiato, senza bivacchi. Ma quanto durerà?

di Paolo Aresi (foto in apertura di Federico Buscarino)
L’educatore della cooperativa ha il maglioncino, le scarpe da ginnastica; guarda il marciapiede delle autolinee vuoto, pulito, con espressione perplessa. Dice: «È bello vedere la stazione delle autolinee tutta pulita, senza gli accampamenti. Il problema è: quanto durerà? E le persone che non si trovano più qui all’addiaccio dove sono?».
Dopo gli sgomberi della scorsa settimana, in questi giorni è rimasto attivo il controllo della polizia locale con una camionetta ferma sul viale degli arrivi e in più il solito presidio di militari vicino all’ingresso della stazione ferroviaria di Bergamo.
Il risultato è che in effetti tutto risulta pulito, in ordine. Continua l’educatore che ben conosce la situazione: «Qui dormono regolarmente circa cinquanta senza dimora. Si arrangiano con coperte, sacchi a pelo, cercano di organizzare specie di bivacchi. In effetti, non è un bel vedere. Per onestà bisogna anche aggiungere che la maggior parte di queste persone restano in strada per una scelta di vita e non danno fastidio a nessuno».
«Perché quando si parla della stazione - continua - si mettono insieme elementi diversi, vengono mescolati, e si fa un po’ un minestrone. Ma i senza fissa dimora c’entrano poco con gli spacciatori, piccoli e medi, che frequentano la stazione. E non hanno nulla a che fare con i ragazzini che infastidiscono, minacciano o addirittura rapinano i passanti. Sono tre mondi differenti e il discorso di cui davvero si sente la mancanza è quello della strategia. Come si muove la città riguardo a queste tre tematiche? Si sente il bisogno di un piano educativo e repressivo al contempo, un piano che dia punti di riferimento alla operatività, cioè a chi lavora su questo fronte».
«Beviamo, ma siamo tranquilli»
Lo dicono persino i clochard. «Ci hanno mandato via da là sotto le pensiline e possiamo anche capire che diamo fastidio. Ma noi non siamo né tossici né spacciatori, né rapinatori e tante volte anche noi dobbiamo stare attenti, abbiamo paura (...)
È come nascondere la polvere sotto il tappeto....
@Bruno: se per disperati intente i "barboni" nel senso classico del termine, molti di questi sono italiani e quindi l'integrazione non c'entra. Poi ci sono quelli (ahimè per lo più stranieri) dediti al malaffare, ma non li metterei nella categoria dei disperati.... tutt'altro. @Franco: evidentemente la loro scelta (?) nella vita prevede la sopravvivenza tramite elemosine, quindi è inutile parlare di lavoro.
Ma perché devono per forza stare in città...bassa e NON IN BERGAMO ALTA E BENESTANTE alla GORI ?. Con tutti i paesini delle valli bergamasche semivuoti dove potrebbero trovare una sistemazione e un LAVORO SOCIALMENTE UTILE...PERCHÉ NO ??
Nascondere questi disperati agli occhi dei bergamaschi, non risolverà il problema. È come mettere la polvere sotto il tappeto. Si deve agire all'origine. In Italia devono venire chi vuole seriamente integrarsi ed accetta la nostra cultura. Le lobby e le mafie che ricattano i disperati per farsi rimborsare il viaggio, devono essere bloccate.
Comunque la si pensi, effetto della sberla che Bergamo ha preso da Striscia la notizia.