di Marta Belotti
Ha chiarito di non voler discutere «del pensiero personale di alcuni riguardo alla cementificazione», ma voler mandare un messaggio contro l’«ignoranza abissale», «la modalità espressiva usata (murales)» e l’«educazione civica e personale mancata». Tuttavia, il post scritto su “Life in Treviolo” da Michele Morghen, coordinatore dei volontari de La Casa di Leo, ha scatenato un’ampia discussione proprio sul consumo di suolo e sulla cementificazione.
Tutto è iniziato quando, ormai qualche giorno fa, su un pannello del cantiere di ampliamento della Casa di Leo è stata incisa la frase: «A voi che volete ancora costruire, siete sicuri che un posto pieno di asfalto e cemento non sia una zona povera?».
Da qui è scattata l’indignazione del papà di Leonardo, bambino nato nel 2005 e scomparso nel 2015 a causa di una malattia rara per curare la quale ha girato diversi ospedali di tutto il mondo, arrivando anche in Ohio, dove con la mamma è stato accolto nella casa di Ronald McDonald.
Da qui l’idea di creare una struttura simile, che accogliesse le famiglie con figli ospedalizzati anche in Italia, in particolare a Treviolo, non distante dall’ospedale Papa Giovanni. Il progetto sta funzionando e ha intercettato un effettivo bisogno del territorio, tanto che già nel 2018 è nata l’esigenza di espandersi per riuscire a rispondere alle tantissime richieste.

Da qui il cantiere ora in corso, che permetterà alla Casa di Leo di più che raddoppiare i propri spazi, passando da quasi 500 mq a oltre mille. Inoltre, Michele Morghen ha sottolineato come la nuova struttura sia stata pensata in un’ottica sostenibile (…)