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I 13 nomi per la procura di Bergamo (Le inchieste che li han resi famosi)

I 13 nomi per la procura di Bergamo (Le inchieste che li han resi famosi)
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Dopo quasi 4 anni, a gennaio 2016 si chiuderà un importante capitolo in quel della procura di Bergamo: Francesco Dettori, 74 anni, andrà in pensione lasciando dunque libero il posto di procuratore capo presso il capoluogo orobico. Dettori aveva preso il posto di Adriano Galizzi il 16 febbraio 2012. Galizzi aveva lasciato l’ufficio il 27 novembre 2010, un giorno difficile da dimenticare visto che fu quello seguente alla scomparsa di Yara Gambirasio. All’epoca Dettori era il procuratore di Busto Arsizio, noto soprattutto per essere stato, nel lontano 1985, uno dei principali accusatori di Salvatore Ligresti. L'immobiliarista era arrivato dalla Sicilia senza capitali e era poi diventato in pochi anni “il re del mattone” di Milano. Dettori, allora, ricopriva la carica di pretore (oggi cancellata dall’ordinamento) e in quel ruolo stabilì il sequestro di ben 5 cantieri. Ligresti si oppose e alla fine, nel 1988, la Cassazione diede ragione all’immobiliarista, che fece causa a Dettori per danni, quantificati in 1 miliardo di vecchie lire. Alla fine tutto finì in una bolla di sapone e la carriera di Dettori procedette spedita. Fino a Bergamo.

In questi quasi 4 anni, sebbene quella del capoluogo orobico sia considerata una procura piccola rispetto ad altre, sulla scrivania di Dettori sono passati diversi casi spinosi, in grado di accendere i riflettori e attirare le attenzioni di molti: il caso Ubi Banca, lo scontro Kyenge-Calderoli, ma soprattutto l’omicidio di Yara Gambirasio e l’arresto di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello accusato dell’assassinio della tredicenne e per il quale il processo è partito a luglio. Casi che hanno avuto una forte eco, per questo non stupisce che per il posto che resterà vacante siano arrivate ben 13 candidature. Molte se si valuta, come sottolinea l’edizione locale del Corriere della Sera, che per il tribunale di Brescia le candidature sono solamente 4. Scopriamo chi sono i possibili futuri procuratori della nostra città. Al momento, dato che non sono ancora arrivati i pareri del capo ufficio e del consiglio giudiziario, l'unico criterio che si può seguire per "mettere ordine" tra le candidature è seguire l'anzianità di servizio dei magistrati candidati. Ci sono diversi nomi importanti.

 

Roberto Di Martino, l’uomo del Calcioscommesse

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65 anni, dal 2008 procuratore di Cremona. Diventato magistrato nel 1976, il suo nome e il suo volto sono diventati noti a molti nel 2011, quando esplose il caso Calcioscommesse con l’inchiesta “Last Bet”, coordinata proprio da Di Martino, e che indagava sulle partita di calcio truccate nel nostro campionato. Una inchiesta che ha toccato da vicino anche Bergamo visto che proprio l’Atalanta è finita nel polverone delle indagini, con tanto di due giocatori squalificati: Cristiano Doni e Andrea Masiello. Senza contareil coinvolgimento nell'inchiesta dell’ex tecnico atalantino, oggi all'Udinese, Stefano Colantuono.

 

Fabio Salamone, il magistrato che “odiava” Di Pietro

fabio salamone

65 anni, dal 2014 sostituto procuratore a Brescia, diventato magistrato nel 1977. Il suo nome assurse alla cronaca nel 1995, quando indagò Antonio Di Pietro, allora famosissimo magistrato del caso Tangentopoli. Salamone accusò il magistrato molisano dei reati di concussione e abuso d'ufficio in seguito a dichiarazioni rese dal generale Cerciello (sotto accusa in un processo sulla corruzione della Guardia di Finanza), ma il giudice per le indagini preliminari archiviò il procedimento. Pochi mesi dopo, invece, Salamone si trovò a indagare su un presunto complotto finalizzato a far dimettere proprio Di Pietro attraverso ricatti e dossier anonimi. Per fare luce sulla vicenda, l’allora pm interrogò gli ispettori ministeriali Dinacci e De Biase, i ministri Alfredo Biondi e Cesare Previti e il presidente del consiglio dell’epoca, Silvio Berlusconi, mentre il fratello di quest’ultimo, Paolo Berlusconi, venne indagato per estorsione. Nel 1996, però, la procura generale di Brescia rimosse dall'incarico Salamone e il collega Bonfigli per una presunta «grave inimicizia» con Di Pietro, che «giunge al livello di pervicace odio privato». Il successivo ricorso in cassazione di Salamone contro la decisione della procura venne respinto.

 

Angela Barbaglio, il magistrato del rapimento della piccola Patrizia

barbaglio

Nata a Treviso il 27 dicembre 1951, la Barbaglio è diventata magistrato nel 1977 e dal 2009 ricopre il ruolo di procuratore aggiunto a Verona. Proprio nel capoluogo scaligero, nel 1990, la Barbaglio si trovò a dover indagare su uno dei casi di cronaca che più fecero discutere in Italia: il rapimento della piccola Patrizia Tacchella, bambina di 8 anni che per ben 61 giorni rimase nella mani dei criminali Bruno Cappelli, Valentino Biasi e Franco Maffiotto.

 

Carmen Pugliese, il pm che «io non mi inchino agli ultrà»

carmen pugliese

64 anni, sostituto procuratore a Bergamo dal 1989. La Pugliese è un volto noto nella nostra città, negli ultimi anni soprattutto per la “battaglia” legale avviata contro gli ultrà dell’Atalanta. Il 21 aprile scorso proprio il pm, davanti ai giudici e in attesa della sentenza di primo grado del maxi processo contro 143 tifosi, dichiarò: «Capisco che persino la squadra dell’Atalanta e l’anziano allenatore Reja si siano dovuti recentemente inchinare alla reprimenda di Galimberti (conosciuto come il Bocia, ndr), ma che stimati avvocati del Foro di Bergamo lo abbiano fatto, questo proprio non lo accetto». Il tecnico nerazzurro rispose poi al pm: «Tirarmi in ballo è fuori luogo. Io generalmente non mi inchino a nessuno. Ho 70 anni ed esperienza sufficiente per poter valutare le mie azioni».

 

Rodrigo Gaetano Maria Merlo, il magistrato che indaga su Renzi

rodrigo merlo

Poco si sa invece di Rodrigo Gaetano Maria Merlo, 66 anni e magistrato dal 1980, oggi procuratore aggiunto a Firenze (dal 2012). Nato a Catania il 25 giugno 1949, prima di Firenze, nel 2008, gli era stato conferito l’Ufficio Direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovereto. Da fine agosto 2015 è titolare di un fascicolo d’indagine riguardante le accuse mosse da Alessandro Maiorano nei confronti dell’attuale premier Matteo Renzi. Maiorano è un dipendente del Comune di Firenze che da anni raccoglie elementi contro l’ex sindaco di Firenze, prima nella sua veste di presidente della Provincia e poi di primo cittadino del capoluogo. Dopo la pubblicazione dell’intercettazione tra Renzi e il generale delle Fiamme Gialle Michele Adinolfi, Maiorano ha ipotizzato che proprio quella stretta relazione tra il politico e il generale possa essere la causa dell'impermeabilità giudiziaria del premier rispetto alle sue denunce. Da qui la presentazione di un esposto-denuncia, in seguito al quale è stato aperto un fascicolo d’indagine riguardante proprio il premier Renzi e di cui è titolare Rodrigo Gaetano Maria Merlo.

 

Massimo Meroni, il pm dello scandalo Unipol

massimo meroni

61 anni, nominato magistrato nel 1980 e dal 2010 procuratore aggiunto proprio a Bergamo. Negli anni antecedenti al suo arrivo nel capoluogo orobico, Meroni divenne un nome noto poiché fu tra i principali artefici dell’inchiesta sul caso Unipol. In particolare l’allora pm di Milano arrivò più volte allo “scontro” mediatico con Silvio Berlusconi e il legale di questo, Nicolò Ghedini, per il quale Meroni aveva messo in conto anche «l'accompagnamento coattivo» pur di farlo testimoniare al processo Unipol.

 

Sandro Raimondi, il presunto esponente delle “toghe azzurre”

sandro raimondi

60 anni, diventato magistrato nel 1981 e dal 2010 procuratore aggiunto a Brescia. Sandro Raimondi è noto alle cronache soprattutto per essere ritenuto uno dei rappresentanti delle cosiddette “toghe azzurre”, ovvero magistrati più vicini al centrodestra berlusconiano che alla sinistra. A definirlo tale fu un articolo de L’Espresso del 21 giugno 2013, dove si raccontava di un presunto incontro nella villa di Arcore tra Raimondi e Berlusconi, con la possibilità di un futuro incarico politico per il procuratore aggiunto di Brescia. Secondo L’Espresso, un grande sponsor di Raimondi sarebbe stato Gianfranco Rotondi, ex ministro del Pdl. Ai tempi del governo Berlusconi, Rotondi aveva sostenuto la nomina del magistrato in una authority, consegnando personalmente il curriculum di Raimondi all’allora sottosegretario di Palazzo Chigi Gianni Letta.

 

Antonio De Donno, il magistrato che accusò il procuratore di Bari

Antonio De Donno

59 anni, diventato magistrato nel 1983 e dal 2009 procuratore aggiunto a Lecce. L’anno scorso è stato tra gli accusatori, insieme al collega Cataldo Motta, dell’ex procuratore di Bari Antonio Laudati, rinviato a giudizio dal gup di Lecce Cinzia Vergine poiché avrebbe cercato di ostacolare le inchieste della Procura di Bari sul presunto giro di escort che l’imprenditore Giampaolo Tarantini avrebbe condotto nelle residenze dell'ex premier Silvio Berlusconi. Il processo è ancora in corso.

 

Lucia Musti, il pm che indagò su Tommy e i “Bambini di Satana”

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57 anni, magistrato dal 1983 e dal 2009 procuratore aggiunto a Modena. Tra il 2006 e il 2009 ha seguito le indagini riguardanti il rapimento e l’uccisione di Tommaso Onofri, il piccolo Tommy, il bambino di appena 18 mesi sparito dalla sua casa il 2 marzo 2006 e rivenuto morto l’1 aprile dello stesso anno. Fu lei a riferire alla famiglia Onofri del ritrovamento del cadavere del piccolo, come ricorda in un’intervista a Il Giornale: «Sono andata da loro con il cuore in mano, ho parlato prima come madre: ho detto di pensare a Sebastiano, l’altro figlio, di cercare conforto nella fede. Come magistrato ho assicurato che avrei fatto il massimo perché i responsabili siano puniti. Durante i 30 giorni delle indagini tutte le notti avevo incubi, sognavo il sequestro di Tommaso, se oggi mi facessero un esame del sangue ci troverebbero il sequestro di Tommaso». In precedenza la Musti aveva già seguito diverse indagini che hanno segnato la sua carriera: da quella sulla banda della Uno Bianca, a quella sui “Bambini di Satana”, una delle prime inchieste sul satanismo in Italia. A giugno è stata eletta nuovo presidente della giunta distrettuale dell'Anm dell'Emilia-Romagna.

 

Manuela Fasolato, il magistrato “verde” che lavorava troppo

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57 anni, magistrato dal 1984 e dal 2012 sostituto procuratore generale di Brescia. È nota per essere, da almeno 15 anni, in prima linea contro i reati ambientali compiuti nel delta del Po. La Fasolato, infatti, in qualità di sostituto procuratore presso il Tribunale di Rovigo, è stata autrice di rilevanti inchieste sui crimini ambientali in Polesine. Nel 2010 si è vista sottoporre ad ispezione ordinata dal ministro della Giustizia Alfano e a procedimento disciplinare. Il motivo? Le sue indagini sulla centrale Enel di Porto Tolle: il pm ipotizzava legami tra le emissioni della centrale e l’aumento dell’incidenza di malattie nei territori circostanti l’impianto. L’accusa, stando a un articolo dell’epoca de Il Fatto Quotidiano, era di «aver lavorato troppo» per portare a termine importanti inchieste legate al caso. A fine marzo 2014 arrivò l’attesa sentenza sul caso di Porto Tolle: 3 anni di reclusione per gli ex Ad Paolo Scaroni e Franco Tatò, con interdizione di 5 anni dai pubblici uffici. Le accuse della Fasolato si rivelarono fondate, ma paradossalmente il suo procedimento davanti al Csm, avviato proprio dall’ispezione di Alfano, si è concluso dopo quella sentenza, nel novembre 2014, con un’assoluzione piena. In un successivo articolo sul caso, Il Fatto scrive: «la Fasolato, trent’anni di lavoro e grandi inchieste ambientali alle spalle, è rimasta per cinque anni sotto disciplinare, situazione “infamante” per un magistrato, che pesa sull’assegnazione di futuri incarichi direttivi, perfino quando si risolve a suo favore».

 

Walter Mapelli, il “giustiziere dei corrotti”

Walter Mapelli

57 anni, magistrato dal 1985 e dal 1987 sostituto procuratore di Monza. Per qualche mese, a fine 2013, fu facente funzioni a Lecco al posto di Tommaso Buonanno, passato a Brescia (dov’è tutt’ora procuratore capo). Da anni è impegnato sul fronte della lotta alla corruzione, tanto da essere autore, insieme al giornalista Gianni Santucci, del libro La democrazia dei corrotti, che ripercorre i 20 anni successivi allo scandalo di Tangentopoli. Nel 1993 fu l’alterego di Di Pietro nella cosiddetta “Tangentopoli monzese”, periodo che in un’intervista ricorda così: «Mi preme far notare che tutti gli imputati, tranne davvero pochissime eccezioni, furono poi condannati. Ricordo bene l'estrema prudenza che avevamo nel procedere, io stesso mi ripetevo continuamente che non potevo permettermi di accusare degli innocenti. Noi perseguiamo i responsabili di reati, non la distruzione di un sistema illecito. Quando sei nell'occhio del ciclone devi sentirti ancor più responsabilizzato. Ma il sistema di malaffare era così esteso e così ramificato che da un fatto ne seguiva subito un altro, come anelli di una gigantesca catena. Oggi mi sento assolutamente sereno su quelle condanne, davvero non ci sono state “vittime della giustizia”». Più recentemente è stato tra i principali artefici dell’inchiesta sul “Sistema Sesto”, che ha coinvolto l’ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex uomo forte del Pd, Filippo Penati.

 

Alessandra Dolci, l’anti-mafia a Milano

alessandra dolci

55 anni, magistrato dal 1986 e dal 1998 sostituto procuratore a Milano. Nel capoluogo meneghino lavora alla Direzione distrettuale antimafia, a stretto contatto con la ben più nota collega Ilda Boccassini. A differenza di questa, però, il nome di Alessandra Dolci è restato spesso in secondo piano. Riservata e all’apparenza austera, è spesso considerata il braccio destro della Boccassini, mentre la sua carriera parla di inchieste rilevanti portate avanti solo grazie alle proprie abilità. È stata tra i principali artefici dell’operazione “Crimine Infinito”, che ha portato all’arresto di 300 presunti affiliati alla ‘ndrangheta. Nella sola Lombardia si arrivò a individuare 15 nuclei strutturati di ‘ndranghetisti, che si affidavano a 500 affiliati, e al sequestro di beni per oltre 60 milioni di euro. Proprio in questa nota inchiesta venne a galla il legame tra mafia e imprenditoria locale, che portò anche all’arresto di Maurizio Luraghi, il primo imprenditore condannato con l’accusa di 416 bis (associazione a delinquere di stampo mafioso) nel Nord Italia.

 

Luca Tescaroli, dalla Sicilia alla Roma mafiosa

Luca Tescaroli

50 anni, magistrato dal 1991 e dal 1999 sostituto procuratore di Roma. Nonostante la sua giovane età, le inchieste che ha seguito negli anni lo hanno reso uno dei volti di spicco della lotta alla mafia in Italia. Tescaroli è infatti il pm che rappresentò l’accusa nel processo per la strage di Capaci con Paolo Giordano, ottenendo 24 condanne all’ergastolo. Sempre dalla procura di Caltanissetta portò avanti la vecchia inchiesta sui mandanti occulti per le stragi mafiose, quella su "Alfa" e "Beta", ovvero, a suo parere, Berlusconi e Dell’Utri. Ma qui le cose finirono diversamente: i suoi successori richiesero di archiviare il tutto per assenza di elementi. Tescaroli lasciò la Sicilia in polemica col capo della Direzione distrettuale antimafia dell’epoca, Giovanni Tinebra. Più volte è stato accusato di aver puntato il dito contro Silvio Berlusconi, come rimarcano un articolo del dicembre 2014 de Il Foglio e uno precedente di Panorama. Recentemente, invece, è stato, insieme a Giuseppe Pignatone, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, uno dei “moschettieri” che hanno smascherato “Mafia Capitale” e l’inquietante quadro dei legami tra criminalità e politica a Roma.

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