«Il vento soffia a nostro favore»

Stucchi, il leghista romantico che sfiderà Gori il 26 maggio

Stucchi, il leghista romantico che sfiderà Gori il 26 maggio
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Gli occhi cerulei paiono sonnecchiare. Ma ogni tanto brillano un po’ di più. È così, Giacomo Stucchi: un uomo mite ma attento a tutto e pronto a pungere in caso di necessità. Del resto, ventidue anni in Parlamento si fanno sentire. Per sopravvivere in mezzo agli squali, bisogna quantomeno saper nuotare bene. E Stucchi è un politico sgamato, che conosce questo mondo. Lo ha dimostrato sabato 16 marzo, quando si è presentato alla manifestazione organizzata in via Tasso da Forza Italia a favore della Bergamo-Treviglio: mentre gli azzurri ancora parlavano di Gianfranco Ceci come loro candidato sindaco, Stucchi stringeva mani, sorrideva, punzecchiava gli amici Alessandro Sorte e Paolo Franco. Il candidato del centrodestra è lui, punto. Sarà lui a sfidare, il 26 maggio, Giorgio Gori. Ha dovuto attendere otto mesi per l’incoronazione, ora non vuol perdere altro tempo. Nato a Verdello cinquant’anni fa, figlio di un operaio della Dalmine e di una casalinga, Stucchi ne ha fatta di strada. Sempre nella Lega, dal 1987 a oggi. È uno degli iscritti più “anziani”. Eppure, il suo modo di essere lumbard, almeno all’apparenza, poco c’azzecca con quello di Bossi o di Salvini. Quando glielo si fa notare, lui sorride: «Ognuno ha il suo modo di essere, ma questo non c’entra con l’essere leghista o meno».

 

[Stucchi con la compagna Silvia Lanzani, anche lei della Lega]

 

Allora ci spieghi chi è Stucchi.

«Un uomo di 50 anni nato e cresciuto a Verdello. Lì ho fatto elementari e medie. Poi Ragioneria l’ho fatta a Dalmine. Dicono fossi un bravo studente».

Be’, lo ha detto anche Giovanni Sanga, del Pd, che è stato suo professore.

«Fa piacere, ma lo dice anche mia mamma» (ride, ndr).

Quando è nata la passione per la politica?

«Alle superiori. Facevo il rappresentante degli studenti».

Come ha “incontrato” la Lega?

«Per caso. Dovevo compiere 18 anni e mi ero iscritto alla scuola guida di Verdello. La seguiva il signor De Felice, un ex poliziotto abruzzese. Lui, sapendo la mia passione per la politica, mi disse che alle prossime elezioni avrei dovuto votare la Lega Lombarda. Io non avevo la minima idea di che cosa fosse».

Quindi lei è diventato leghista grazie a... un abruzzese?

«Eh, sì. Dopo che lui mi disse quella cosa, un sabato mattina sono andato a visitare la sede della Lega in città. Ci hanno raccontato un po’ di cose e poi ci hanno detto: “Sentite, con quindicimila lire fate la tessera e ricevete settimanalmente il giornalino con tutte le informazioni”. Ho detto ok, senza neanche sapere chi fosse Bossi».

Quando ha conosciuto Bossi?

«Pochi mesi dopo, venne a Bergamo per un comizio. Lo sentii parlare e pensai: “Questo è matto”. Ma aveva un entusiasmo e un carisma che era impossibile non stare con lui. Tant’è che alla Lega di quegli anni si iscrivevano ex liberali, ex democristiani, gente che arrivava dalla destra... un po’ di tutto insomma».

Cosa la convinse a diventare un militante?

«La politica mi piaceva, ma non mi piacevano i movimenti politici che avevo fino a quel momento incontrato. L’idea dell’autonomia della Lombardia che portava avanti la Lega invece mi convinceva. Si figuri che ho scritto anche un paio di libri, sull’argomento».

Ah sì?

«Sì. Il primo è del 1996 e si intitola Essere federalisti. Il secondo, invece, è del 2000 e si intitola Libero libero. Per fortuna credo non si trovino più copie in giro».

 

[Da sinistra: Andrea Tremaglia (FdI), Giacomo Stucchi (Lega e candidato sindaco) e Gianfranco Ceci (FI)]

 

Quale fu la sua prima esperienza di politica attiva?

«Nel 1988 feci campagna elettorale per il geometra Ratti, a Verdellino. Entrò in Consiglio comunale. A casa ho ancora i verbali delle prime sedute: gliene dicevano di tutti i colori. Poi, nel 1990, a Verdello aprì la prima sezione della Lega a sud di Bergamo».

Verdello era già troppo a Sud per la Lega dell’epoca?

(Ride, ndr) «Esatto. In realtà a quel tempo era ancora una Lega molto vicina alle Valli».

Pochi anni ed era già in Parlamento.

«Sì, avevo 27 anni».

E ci è rimasto per 22 anni. A Bergamo diremmo che non ha mai lavorato.

(Ride, ndr) «Be’, anche il vostro non mi pare ‘sto gran lavorare... Scherzi a parte, tutto dipende da come si fanno le cose».

E il suo stile non è proprio leghista. È molto moderato, lontanissimo dai toni di Salvini.

«Io ho sempre pensato che ciò che conta siano i contenuti. Non serve urlare o usare toni accesi se si è convinti delle proprie idee. Certo, nei comizi o nei talk show il livello comunicativo cambia, però il confronto pacato è ciò che poi porta dei risultati».

Anche di questi tempi?

«Non lo so, credo che ognuno faccia politica con il proprio modo di essere. Io difficilmente mi arrabbio. Quasi mai. Quindi seguo la mia personalità e il mio sentire».

È per questo che con Salvini non ha un gran bel rapporto?

«Ma questo lo dite...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 4 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 28 marzo. In versione digitale, qui.

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