«La fede è una cosa semplice»

Papa Giovanni: la sua gente non ha mai smesso di amarlo

Papa Giovanni: la sua gente non ha mai smesso di amarlo
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Foto di Giambattista Gherardi

 

«Io mi ricordo ancora bene il senso di vuoto che mi lasciò la morte di Papa Giovanni. Avevo ventidue anni, ero appena tornato dal militare e lavoravo alla Dalmine, cominciavo il turno alle dieci, facevo la notte. La notizia arrivò che io stavo andando in stabilimento, ricordo che pregammo con altri operai, eravamo sconvolti come se davvero fosse morto un padre. Furono mesi particolari. Morì Kennedy e poi persi anche mio padre. Quella sensazione di forte mancanza non l’ho mai dimenticata, è ancora dentro di me. E allora prego. Prego Papa Giovanni che è lassù e mi guarda, e qualche volta mi vergogno un po’ di me stesso. Poi penso che lui mi perdona. Altre volte invece è felice di me. Lo prego perché lui era una persona comprensiva, era uno che non si faceva problemi a parlarti e a sorriderti. Lui ha preso ed è entrato nelle carceri e sembrava che si trovasse a suo agio come un papà in mezzo a dei figli. Che hanno sbagliato, ma che sono lì vicino a lui. A volte guardo You Tube, mi ha insegnato mio figlio, mi rivedo quelle immagini, quei visi di carcerati che piangono dalla commozione. La sua voce quando parla in quella sera dalla sua finestra, alla gente in piazza San Pietro. E tremo ancora dentro. Allora lo prego, dico un’Ave Maria pensando a lui. Mi sembra di sentire la sua carezza. Alle volte gli ho chiesto un aiuto, nei momenti difficili».

 

 

Michele Arzuffi parla nel soggiorno della sua casa, in città. È in pensione da tanti anni e le gambe non lo reggono più di tanto. Racconta di Papa Giovanni e della vita in fabbrica, tra laminatoi, forni, aggiustaggio. L’orgoglio di lavorare nella fabbrica, il sentirsi una squadra con gli altri operai. «Papa Giovanni, per me, ha cambiato il mondo. Il suo è un cambiamento difficile, che ancora non abbiamo davvero capito, ma lo capiremo, papa Francesco sta andando avanti sulla sua strada. Adesso arrivano le sue spoglie, io scenderò qui in strada perché passeranno sotto casa mia, lo guarderò passare. È soltanto una salma, lui è lassù. Però è un ricordo, è un richiamo, vederlo sarà emozionante. Lo guarderò, però so che lui mi guarda sempre».

Il corpo come simbolo, come segno del nostro Papa Buono che ci guarda sempre. Che guarda questa Bergamo che è così cambiata da quel 1963, da quella Bergamo degli operai e dei contadini e di “sciore”. La Bergamo dell’umiltà e del lavoro. Che Bergamo trova Papa Giovanni nel suo ritorno? Come è cambiato il cuore della gente? Troverà case più belle, gente più ricca. Vedrà per strada un sacco di automobili belle e grosse, un esercito di Suv. Troverà tante persone dalla pelle nera che chiedono elemosina. Non vedrà donne vestite con il grembiule nero e i capelli grigi raccolti in una crocchia e le mani screpolate e irrigidite dal lavoro. Non vedrà frotte di bambini e di ragazzi che giocano nei cortili e per strada. Non vedrà le chiese stracolme di fedeli. La gente è cambiata. Che cosa penserà Papa Giovanni?

 

 

Graziella e Carla Lupo Pasini sono due sorelle, abitano in Pignolo e Papa Giovanni se lo ricordano bene. Dice Carla: «Avevo quindici anni quando è morto, facevo la commessa alla Gummis, in via Venti Settembre, è un ricordo che non si cancella. Papa Giovanni era entrato anche nella mia vita di ragazzina e poi mi ha accompagnato per tutti questi anni. Io e mia sorella siamo devote di Papa Giovanni, tutti i giorni gli diciamo tre “Gloria”, ce lo ha insegnato la nostra mamma che è morta qualche anno fa. Preghiamo per lui. Nostra madre ogni tanto faceva celebrare una messa nella chiesa di Santo Spirito in suffragio di Papa Giovanni perché – diceva – anche lui poteva averne bisogno». Una fede forte e semplice. Graziella lo sottolinea: «La fede è una cosa semplice, è solo una questione di fiducia, di abbandono. I santi sono persone buone. I santi sono...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 7 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 31 maggio. In versione digitale, qui.

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