Da un reportage di Amnesty International

Abusi sessuali, torture ed estorsioni Il viaggio dei migranti verso l'Europa

Abusi sessuali, torture ed estorsioni Il viaggio dei migranti verso l'Europa
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Della tratta dei migranti dal Nord Africa all'Europa sappiamo parecchie cose: conosciamo i motivi che spingono gli abitanti di quelle terre a decidere di abbandonare la propria casa per tentare di rifugiarsi qui da noi (la guerra, soprattutto); conosciamo i traballanti programmi di accoglienza/recupero/salvataggio che l'Ue tenta da anni di mettere a punto; conosciamo i problemi legati al loro arrivo, in termini di inserimento nelle nostre comunità; ma non sappiamo nulla, o quasi, di quel lasso di tempo che va dal momento in cui i profughi nordafricani decidono di partire alla volta delle coste in cerca di un barcone che faccia rotta verso Italia, Grecia o Spagna, e il giorno in cui effettivamente riescono a salpare. Amnesty International ha cercato di riempire questo vuoto conoscitivo, intervistando circa un centinaio di migranti giunti nel nostro Paese a proposito proprio del percorso per poter “finalmente” partire dal Nord Africa. Quel che ne emerge è che, più che di percorso, si può tranquillamente parlare di incubo, tragedia, agonia: scegliete voi il termine che preferite una volta letto dei drammi che sono costretti a sopportare (le donne, in particolare).

 

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Gli stupri infiniti. Il meccanismo con cui i migranti cercano di raggiungere l'Europa è piuttosto chiaro: si lascia la propria casa abbandonando più o meno tutto, eccezion fatto con i soldi che si spera siano sufficienti per il viaggio, e si cerca prima un modo per arrivare alla costa, e una volta lì un mezzo per poter attraversare il Mediterraneo. C'è una notevole improvvisazione e fiducia nel caso, si capisce. Ecco perché solitamente ci si affida alla prima opportunità che capita, per non correre il rischio di non trovarne più. Il giro del trasporto di persone dalle zone centrali dei Paesi da cui partono le fughe, Siria in particolare, alle coste nordafricane è gestito solitamente da criminali che cercano di trarre profitto da queste situazioni, talvolta persino dallo stesso Isis. Si tratta di un vero e proprio calvario, soprattutto per le donne, che diventano indiscriminato oggetto di stupro. Molte, consce di ciò che le aspetta, portano con sé pillole anticoncezionali per evitare di rimanere incinte, cosa che fuga le gravidanze ma non tutto quanto il resto.

Una donna eritrea di 22 anni, per esempio, ha raccontato ad Amnesty International di aver assistito ad uno stupro di gruppo perpetuato nei confronti di una ragazza accusata, ingiustamente, di non aver pagato il prezzo del viaggio. Ad un'altra donna ancora è stato chiesto ulteriore denaro rispetto a quanto pattuito, e non potendo né lei né la sua famiglia saldare il nuovo conto, la punizione è stato lo stupro da parte di cinque uomini. Ramya, 22 anni anche lei, ha raccontato di essere stata violentata numerose volte dai trafficanti che la tenevano prigioniera nel nord-est della Libia: “Le guardie bevevano e fumavano hashish e poi venivano a scegliere la donna che volevano e la portavano fuori. Le donne provavano a rifiutare, ma avevi una pistola puntata alla testa, non avevi davvero una scelta se volevi sopravvivere. Sono stata stuprata due volte da tre uomini… Non volevo morire”. Amal, 21 anni e di fede cristiana, ricorda come il suo gruppo venne sequestrato dall'Isis nei pressi di Bengasi, sempre in Libia; furono divisi fra cristiani e musulmani e fra uomini e donne: “Ci tennero sotto terra: non abbiamo visto la luce del sole per nove mesi, eravamo undici donne eritree. A volte non mangiavamo per tre giorni di fila, altre volte ci davano solo un pasto al giorno, solo un pezzo di pane”. I carcerieri tentavano di convertirle all'Islam, e quelle che si rifiutavano venivano picchiate; se invece acconsentivano, venivano stuprate, poiché ritenute, dopo la “conversione” mogli di tutti. La stessa Amal ha subito svariate violenze sessuali.

 

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Le carcerazioni. Si capisce che raggiungere la costa non significhi assolutamente essere in procinto di partire: i profughi vengono imprigionati in luoghi tremendi, fino a quando i trafficanti non decidono che il loro momento di salpare. Lo scopo è estorcere ai sequestrati quanti più soldi possibile, e lasciarli andare solo nel momento in cui non abbiano più nemmeno mezza moneta. Pessime condizioni igieniche, niente cibo né acqua, molestie e pestaggi. Chi è a corto di denaro viene fatto lavorare gratuitamente fino a che non ha abbastanza soldi per pagare il viaggio. Adam, 28enne etiope incarcerato in quanto cristiano, racconta che “mi hanno tenuto imprigionato per un mese e mezzo. Poi uno di loro, che era dispiaciuto per me perché gli avevo detto di avere una famiglia, mi ha aiutato a memorizzare il Corano in modo che mi lasciassero andare”. Semre, un ragazzo eritreo, ha raccontato di aver visto morire di fame quattro persone, tra cui un ragazzino di 14 anni: “Nessuno li ha curati, quindi è toccato a noi seppellirli”. Anche dopo che sua madre pagò il riscatto per lui, Semre venne semplicemente venduto ad un altro gruppo di trafficanti. Saleh, invece, racconta di aver visto un uomo morire per le torture con l'elettricità perché non poteva pagare per la propria libertà: i trafficanti riferirono a tutti che sarebbero morti allo stesso modo se non avessero tirato fuori i soldi. Ecco, adesso ne sappiamo un po' di più.

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