Ma conviene davvero alla Catalogna essere indipendente dalla Spagna?

72 e 63: sono due numeri che potrebbero essere destinati ad entrare nella storia della Spagna. Si tratta, rispettivamente, dei voti favorevoli e contrari con cui il parlamento catalano si è espresso in merito alla decisione di aprire ufficialmente il processo di indipendenza da Madrid. A tentare di opporsi sono state tutte le forze politiche tradizionali presenti nel parlamento di Barcellona (socialisti e popolari), oltre che ai giovani Podemos e Ciudadanos; ma la voglia di autonomia è troppa. Una presa di posizione, quella a sostegno della secessione, che era ampiamente nell’aria, ma che nei giorni scorsi, sui media spagnoli, si era ritagliata uno spazio decisamente marginale, forse perché non ci si sarebbe mai aspettato un risultato simile, o forse perché il timore di una Catalogna indipendente era tale da non voler nemmeno prenderne in considerazione l’ipotesi. Ma ora, la cruda realtà: Barcellona non vuole più saperne di Madrid. Quest’ultima, però, è di avviso diametralmente opposto.
«Siamo legittimati». Con queste parole Artur Mas, presidente in funzione, ha commentato a caldo il risultato del voto parlamentare, che apre una crisi politica come non si vedeva, a detta dei quotidiani spagnoli, dai tempi della morte di Francisco Franco. Anche se, per gli indipendentisti, il difficile arriva adesso. L’intenzione è quella di presentare, entro il 10 gennaio, un governo vero e proprio, dettagliato in ogni dicastero e posizione, pronto a contribuire alla creazione dello Stato catalano, che nei sogni di Mas e degli indipendentisti dovrebbe prendere vita nel giro di 18 mesi. Ma già rispetto alla prima scadenza, quella di inizio 2016, la strada è in salita: per la realizzazione del governo catalano, infatti, occorrerebbe sbrogliare alcuni dissidi interni al fronte degli indipendentisti, una frangia dei quali vede Mas come il fumo negli occhi, e non acconsentirebbe ad adottarlo come leader del nascente Stato catalano; un nodo politico da sciogliere il prima possibile.
I passi successivi. Qualora si dovesse riuscire a convergere su una leadership condivisa, il passo successivo riguarderebbe la creazione di un apparato adeguato al funzionamento di una Stato autonomo: fisco, previdenza, welfare, eccetera. Alcune competenze, peraltro, la Catalogna le esercita già in via esclusiva rispetto al governo centrale di Madrid, come ad esempio la sicurezza e l’istruzione, ottenute un po’ per via costituzionale un po’ attraverso giochi politici realizzati nel corso degli anni: in cambio di appoggio ai vari governi di turno presso il Parlamento nazionale, in cui la Catalogna ha una discreta rappresentanza, Barcellona è riuscita ad ottenere sempre maggiori spazi di autonomia. Un percorso senz’altro tortuoso, ma che mai come oggi è quantomeno indirizzato alla sua realizzazione.

Regional acting President Artur Mas, right, gestures at the Parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

Popular Party of Catalonia, right, show Spanish flags and Catalonia flags at the end of a parliamentary session at the Parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

Popular Party of Catalonia members, right, show Spanish flags and Catalonia flags at the end of a parliamentary session at the Parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

Regional acting president Artur Mas speaks at the Parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

Popular Party of Catalonia members show Spanish flags and Catalonia flags at the end of a parliamentary session at the Parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

People hold "estelada" or pro-independence flags at Parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

People wave Spanish flags outside parliament in Barcelona, Spain, Monday, Nov. 9, 2015. The regional parliament of northeastern Catalonia is due to vote on a proposal by secessionist parties that hold a majority in the chamber to set up a road map for independence from Spain by 2017. The initiative defies Spain's central government, which considers it unconstitutional. (AP Photo/Manu Fernandez)

A man wraps with a Spanish flag during a demonstration calling for the "unity of Spain" in Barcelona, Spain, Thursday, Nov. 5, 2015. Three anti-independence parties filed complaints Wednesday before Spain's Constitutional Court against moves by the regional parliament of Catalonia to announce the formal start of independence from Spain. (AP Photo/Manu Fernandez)
«Di legittimo non c’è proprio nulla». Naturalmente, oltre alle difficoltà fisiologiche per la creazione di uno Stato indipendente di cui si è detto, il vero ostacolo è rappresentato dal governo centrale spagnolo, che non ha la minima intenzione di perdere la sovranità sulla Catalogna. Un’ora dopo il voto, il Premier Mariano Rajoy ha convocato i giornalisti annunciando ricorso al Tribunale costituzionale, per chiedere «l’immediata sospensione di una dichiarazione illegittima e dei suoi effetti». Da un punto di vista costituzionale e legislativo, in effetti, il voto del parlamento catalano non ha alcun grado di efficacia rispetto al tema dell’indipendenza. Rajoy ha dato appuntamento per oggi al segretario socialista Pedro Sanchez, dopo gli incontri di dieci giorni fa con Pablo Igleasias di Podemos e Albert Rivera di Ciudadanos. Tutti i partiti sono contrari all’indipendenza della Catalogna, seppur con diversi accenti. L’intenzione condivisa, comunque, è quella di usare il pugno di ferro con Barcellona, senza cedere nemmeno un millimetro di sovranità: si parla già di prendere il controllo dei mossos, la polizia locale catalana, e di azzerare qualsiasi tipo di finanziamento pubblico alla Catalogna. Qualora gli indipendentisti dovessero perseguire, nonostante tutto, nel loro cammino secessionista, Rajoy ha già fatto intendere di voler avviare veri e propri procedimenti giudiziari penali nei confronti dei promotori.
Ma quanto conviene l’indipendenza alla Catalogna? Il mare è in burrasca, dunque, e considerando che fra poco più di un mese in Spagna si terranno le elezioni politiche, il clima è destinato solamente a surriscaldarsi. Certo è che, al netto degli entusiasmi ideali e popolari, in Catalogna occorre riflettere con calma e lucidità su quanto sia conveniente staccarsi da Madrid e divenire pienamente indipendenti. Una riflessione che deve muovere, soprattutto, da tre grandi questioni: l’Europa, il mercato e il debito. Rispetto all’Ue, in Catalogna è data per certa l’intenzione di entrare nei palazzi di Bruxelles non appena, eventualmente, il processo di secessione si sia definitivamente compiuto: conviene economicamente e diplomaticamente. Ma, oltre all’irritazione dell’Europa per i fuochi indipendentisti della Catalogna, Barcellona dovrebbe guardare anche al fatto che affinché un Paese possa divenire membro dell’Ue è necessario un consenso unanime degli altri Stati, Spagna compresa naturalmente; ed è difficile pensare che Madrid intenderebbe dare questo aiuto fondamentale ad una terra che l’avrebbe appena rinnegata. E comunque, anche se fosse, per un periodo negoziale di durata non prevedibile, merci e capitali catalani sarebbero esclusi dalla libera circolazione, perdendo l’accesso al mercato spagnolo. Infine, il debito pubblico catalano: la regione è stata letteralmente martoriata dalla crisi economica recente, e presenta una disoccupazione di oltre il 20 percento e un passivo dei conti di svariati miliardi di euro, la maggior parte dei quali tuttora coperti dal governo centrale. Decidere di fare da sé, dunque, potrebbe significare il collasso definitivo del sistema economico e finanziario della Catalogna. Tutti aspetti che a Barcellona e dintorni farebbero bene a tenere attentamente in considerazione prima di compiere scelte irreversibili.