Dai migranti a Goldman Sachs

Trump non è affatto una novità L'establishment finanziario ringrazia

Trump non è affatto una novità L'establishment finanziario ringrazia
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Donald Trump si è appena insediato alla Casa Bianca ma ha già scosso il mondo con le sue dichiarazioni e con i primi ordini esecutivi, fortemente criticati da buona parte della stampa mondiale. Secondo molti, Trump sta rivoluzionando la politica americana con manovre impopolari e mai viste prima. Del resto, lui stesso si è sempre posto con atteggiamento di rottura nei confronti dei suoi predecessori, e in particolare di Obama e delle sue conquiste e della Clinton, presentata come simbolo della vecchia politica legata all'establishment. Ma è davvero così? Trump è sul serio la novità? Ma soprattutto, è davvero così terribile?

I media contro (fanno il suo gioco). Partiamo dalla seconda domanda. Le proteste contro il nuovo leader USA sono state imponenti e diffuse, e il racconto fatto dai principali media del mondo ha scelto la prospettiva di una condanna universale verso l'operato di Trump. Questa attitudine, già osservata durante la campagna elettorale, è stata in realtà uno dei grandi punti di forza del candidato repubblicano, che ha convertito l'accanimento mediatico nei suoi confronti in ulteriore consenso. Scagliarsi a priori contro di lui, quindi, potrebbe non essere il modo migliore per remargli contro. D'altro canto, le posizioni estreme del Presidente sono spesso ridimensionate dai fatti e nonostante lui stesso si sforzi in ogni modo di apparire quanto più lontano da chiunque dei suoi predecessori, è forse più simile di quanto potrebbe mai ammettere.

 

 

Contro l'estabilshment della finanza? La vittoria è stata da molti interpretata come una sorta di rivolta della classe operaia, stanca di essere messa in ombra da una dirigenza dominante e disonesta, legata a quel mondo finanziario che ha causato la crisi del 2008 rappresentato, nella campagna elettorale di Trump dall'avversaria Clinton. Eppure, il neopresidente è da anni uno degli uomini più ricchi e potenti negli Usa, tutt'altro che antagonista all'elité, considerati anche i suoi affari milionari nell'edilizia civile.

E infatti, la nomina a segretario del Tesoro è andata a Steven Mnuchin, dirigente di Goldman Sachs per 17 anni, figlio di un famoso agente di borsa. Nel frattempo, le sue minacce al mondo di Wall Street sono sembrate da subito poco credibili, tanto che in questi giorni l'indice di New York ha toccato i suoi massimi storici e non sembra intenzionato ad invertire la tendenza. Anche l'organo di controllo, la Sec, omologa della nostra Consob, sarà presieduta da Jay Clayton, avvocato di Wall Street che ha avuto tra i suoi clienti Goldman Sachs e Barclays, banche su cui dovrà vigilare. Insomma, non esattamente un taglio netto con il passato.

 

 

Il muro con il Messico. Durante la campagna elettorale Trump ha parlato in maniera diffusa della costruzione di un muro che divida gli Stati Uniti dal Messico in maniera definitiva, per contrastare l'immigrazione clandestina ormai fuori controllo. La promessa del nuovo presidente è sempre stata soprattutto sul piano economico, assicurando che la costruzione, valutata diversi miliardi di dollari, sarebbe stata totalmente a carico del Messico. La posizione è stata confermata a poche ore dal suo insediamento a Washington, causando forti attriti con il presidente americano Nieto, che ha cancellato un incontro istituzionale già programmato e fatto piombare i rapporti diplomatici tra i due Paesi ai minimi storici. L'ordine esecutivo per la costruzione del muro è stato firmato da Trump il 25 gennaio. In molti hanno parlato di una decisione senza precedenti, ma in realtà una barriera tra Messico e Stati Uniti esiste già da quasi 30 anni (ne abbiamo parlato diffusamente qui).

 

 

Il bando all'immigrazione. E poi c'è il Muslim Ban, ovvero l'ordine esecutivo che per 120 giorni bloccherà gli ingressi negli Stati Uniti a qualsiasi rifugiato, causando notevoli disagi anche a chi aveva tutte le autorizzazioni per entrare nel Paese. Gli Stati Uniti non sono mai stati precisamente uno degli stati più accoglienti, si pensi ad esempio che in seguito agli attentati di Parigi del novembre 2015, Obama aveva sospeso il Visa Waiver Program ai cittadini di alcuni Stati considerati a rischio terrorismo. Nel 2011, inoltre, Obama, ridusse quasi a zero l'ingresso di rifugiati dall'Iraq, in seguito all'arresto di due iracheni a Bowling Green, in Kentucky, accusati di aver usato ordigni esplosivi improvvisati contro dei soldati americani in Iraq e di commerciare armi e fornire risorse ad Al Qaida. Eppure nessuno ne parlò.

 

 

Scelte tutt'altro che impopolari. Le immagini trasmesse dai telegiornali in questi giorni ci mostrano imponenti manifestazioni contro Trump e condanne che arrivano da personaggi famosi di Hollywood. L'impressione che si potrebbe avere è che i cittadini americani siano i primi a non volere questo genere di politiche, anche a fronte di dati che hanno segnalato Trump come uno dei presidenti che inizia il proprio mandato con il minor consenso popolare. Molti media però dimenticano totalmente di raccontare l'altra America, quella che non vuole avere nulla a che fare con Hollywood e New York, formata dagli operai, dai contadini degli Stati centrali, ovvero la maggioranza dell'elettorato repubblicano in questo momento. La politica anti-migratoria, ad esempio, così condannata e definita impopolare, è stata apprezzata dal 49 percento degli americani e non è altro che l'attuazione di un programma per cui il candidato repubblicano è stato votato. La maggior parte delle dichiarazioni e degli ordini esecutivi pubblicati nei primi giorni di presidenza è stata accolta con favore da una buona fetta di popolazione, che non si aspettava nulla di diverso da questa nuova amministrazione.

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