20 anni che han cambiato Bergamo
Vignetta in apertura di Luca Nosari
Quest’anno festeggeremo i cinquant’anni dell’uomo sulla Luna. Allora immaginavamo che nel 2019 l’uomo avrebbe navigato fra Marte, Giove e Saturno. Invece siamo rimasti inchiodati sulla Terra, e sulla Luna, dopo il 1972, non ci siamo più nemmeno tornati. Se non ci si ferma a pensare, sembra che, in fondo, in questo nuovo secolo non ci siano state grandi novità, che tutto sia rimasto abbastanza fermo. Ma non è così, la nostra vita è cambiata, e parecchio. Soprattutto per via di qualche cosa che pochissimi scrittori di fantascienza avevano immaginato: i “social”. In questi vent’anni, l’orizzonte delle relazioni umane si è modificato, in particolare per le persone al di sotto dei cinquant’anni. Oggi abbiamo Facebook, Instagram, Twitter e via dicendo. Fino ai primi anni del Duemila avevamo Internet, certo, e pure le mail. Ma la potenza relazionale delle piattaforme social era assai lontana. A pensarci bene, nel 1999 eravamo ancora nel mondo preistorico delle videocassette, quelle con il nastro. I primi Dvd li acquistammo all’inizio degli Anni Duemila. Oggi anche i Dvd appaiono tramontati: ormai tutto viaggia nell’aria, tutto viene scaricato, tutto sta su lontani server, sulle “nuvole”. Il possesso, per un certo aspetto, tende a “smaterializzarsi”, a sfuggirci. Anche i libri hanno subito l’attacco delle tecnologie digitali, degli e-reader. Ma sebbene la carta sembri una tecnologia degna dei Egizi antichi, continua a resistere, per diverse ragioni. Sono arrivati gli smartphone, e tutto il mondo sta in tasca. Il più scarso smartphone è un computer centinaia di volte più potente di quello che stava a bordo dell’Apollo 11 e che ci ha guidati verso la Luna.
È arrivato l’Euro. Abbiamo avuto la grande crisi del 2008-2009. È stato decodificato il genoma umano. I terroristi hanno attaccato le Torri Gemelle a New York. Quindi si sono scatenate le guerre del secondo Bush, contro Afghanistan e Iraq. Il caldo si è scatenato nell’estate del 2003. Il vento ha raggiunto la velocità record di 220 chilometri orari persino sulle Orobie, pochi mesi fa. I televisori si sono ingigantiti come un pane super lievitato. Addio tubo catodico, abbiamo avuto il plasma, i cristalli liquidi, i led... Oggi le biciclette elettriche stanno spopolando. Un po’ come la globalizzazione che, dalla fine degli Anni Novanta, ha cambiato profondamente il mondo, creando nuove opportunità e tanta nuova miseria. Dal ’99 a oggi è esploso ancora di più il fenomeno Cina. Non abbiamo sconfitto la povertà, no. Anzi. Non abbiamo sconfitte le malattie. Il mondo appare ancora votato a quello che viene definito turbocapitalismo o ultraliberismo. Le differenze tra poveri e ricchi si ingigantiscono. Fino a quando?
La nostra terra. Le grandi svolte, quella epocali, riguardano tutto il mondo, ma ci sono poi quelle che hanno un riflesso soltanto per noi bergamaschi. In questi vent’anni abbiamo perso la “bergamaschità” del Credito Bergamasco e della Banca Popolare di Bergamo. L’Italcementi è stata venduta ai tedeschi. La forza economica della nostra terra è sempre più affidata a piccole e medie imprese. Resta il colosso Tenaris, hanno tenuto bene e si sono sviluppate diverse altre aziende, per esempio Persico, Gewiss, Brembo. Ma per l’economia bergamasca la grande novità positiva sta nell’aeroporto, che è passato da poche centinaia di migliaia di viaggiatori, a fine Anni Novanta, agli attuali quasi tredici milioni! Da lì è partita la rivoluzione economica e culturale che ha investito la Bergamasca. Da lì proviene la corrente del turismo che sta invadendo la Città Alta, con i bed & breakfast e tutto il resto. I numeri parlano chiaro: nel 2002 i turisti a Bergamo erano meno di cinquecentomila, nel 2005 erano 617 mila, oggi superano il milione e 200 mila. Un calcolo informa che questo significa un apporto di quasi due miliardi di euro per il 2017. Mica bruscolini. Migliaia e migliaia di posti di lavoro.
L’altro, grande motore della nostra città è il nuovo ospedale Papa Giovanni, partito nel dicembre 2012, dopo tante, paludose, angosce. Nonostante i patemi e le deficienze della sanità pubblica, il Papa Giovanni rappresenta un faro, ma non soltanto per Bergamo: ci è invidiato anche dall’estero. Se poi i cordoni della borsa fossero un po’ più larghi, l’impatto sociale crescerebbe con l’assunzione di altro personale, medici e infermieri, con la possibilità di tenere aperte le sale operatorie anche...