Tra novembre e dicembre del 1966

Marelli, 50 anni dall'occupazione L'Italia cresceva «solo» del 4,8%

Marelli, 50 anni dall'occupazione L'Italia cresceva «solo» del 4,8%
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Il 6 dicembre 1966 per Romano non è una data qualsiasi. In quell’anno il presidente della Repubblica era Giuseppe Saragat, l’Italia di Albertosi, Bulgarelli, Burgnich, Mazzola, Rivera era piegata al Mondiale dalla piccola Corea del Nord, nel dicembre del 1966 moriva Walt Disney.

L’aria di crisi economica spirava anche a Romano. L’Italia stava uscendo dal miracolo economico: tra 1958 e 1964 la crescita media del PIL era stata del 5,7%, mentre nel quinquennio successivo era salita «solo» del 4,8%. Si tratta di percentuali che oggi nemmeno lontanamente ci sogniamo, però danno idea di un’economia che stava cambiando pelle. Si usciva dalla ricostruzione post-bellica per entrare in un’era nuova. Le lotte sindacali dell’inizio degli anni Sessanta avevano portato i salari a livelli eccessivi: ciò sfavorì le esportazioni e quindi i conti italiani cominciarono a vacillare. Lo Stato reagì con una stretta creditizia che ebbe dure ripercussioni sulla domanda interna.

Da qui derivavano le difficoltà della «Magneti Marelli»: un’azienda legata alla produzione di beni durevoli come automobili e televisori non poteva non risentire del calo dei consumi. Il clima fra le parti sociali era diventato pessimo: alle rivendicazioni operaie si frapponevano le serrate dei datori di lavoro.

Romano non fece eccezione, perché proprio tra gli ultimi giorni di novembre e i primi di dicembre la tensione tra gli operai della Magneti Marelli e i proprietari salì alle stelle: otto dipendenti furono licenziati in tronco, fra le proteste dei colleghi. Queste si erano presto trasformate in un’occupazione della fabbrica e ne era scaturita la minaccia dell’azienda di fare ricorso alla forza pubblica e all’interruzione forzata della produzione.

Il 29 novembre, alla Camera dei Deputati, il parlamentare bergamasco Giuseppe Brighenti, ex sindacalista e partigiano, riferì della «grave situazione esistente nella fabbrica Magneti Marelli di Romano» e parlò di lesione dei diritti sindacali «con rappresaglie, sospensione, licenziamenti». Oltre a Brighenti, si interessarono da vicino anche il DC Aurelio Colleoni, di Treviglio,  e l’allora sindaco di Romano Piavani.

La mediazione di queste personalità e della CISL ebbe buon fine, soprattutto perché dall’occupazione della fabbrica non scaturirono azioni violente: si organizzò un corteo di solidarietà per le strade di Romano, ma nulla che non si potesse risolvere nell’arco di pochi giorni.

Ricordare oggi, a cinquant’anni di distanza, questo evento è importante: se c’è qualcosa che emerge dalla vicenda è che all’animosità di Brighenti si contrappose il grande equilibrio con cui i rappresentanti e i quotidiani locali trattarono l’accaduto. Si lesse sull’Eco di Bergamo: «con buona volontà da ambedue le parti si potrà senz’altro raggiungere un risultato efficiente sotto tutti gli aspetti». Mentre il sindaco di Romano faceva appello al buon senso e alla calma. Parole che suonano come monito: ragionevolezza e confronto sono gli ingredienti per superare le crisi. Anche quelle più vicine a noi.

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