A bergamo e provincia

A marzo oltre cinquemila morti, a novembre cento: i decessi nell'anno nero del Covid

La seconda ondata non è paragonabile al sacrificio della nostra terra nella primavera scorsa. E l'allarmismo appare come del tutto ingiustificato

A marzo oltre cinquemila morti, a novembre cento: i decessi nell'anno nero del Covid
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di Paolo Aresi

Nello scorso mese di marzo, i morti in provincia di Bergamo furono poco più di seimila, esattamente 6.083. Il numero medio di decessi dei mesi di marzo dei cinque anni precedenti (dal 2015 al 2019) era invece di 902. La differenza è pressoché tutta causa del terribile coronavirus: ben 5.181 persone che hanno perso la vita per il Covid-19.

È un numero da tenere bene a mente, non soltanto per la sua tragicità, ma anche perché serve da confronto con quello che è successo nel resto del tremendo 2020. Nel mese di aprile i morti - sempre in provincia di Bergamo - furono 1.825, molti meno che a marzo, ma la media degli anni precedenti era di 800 decessi. Quindi, per Covid, hanno perso la vita circa 1.025 persone.

Ora, facciamo un balzo alla seconda ondata dell’epidemia, il cui mese più difficile è stato novembre. In provincia di Bergamo, i morti a novembre scorso sono stati 921 contro una media dei cinque anni precedenti di 815 decessi: la differenza è data dal coronavirus, 106 morti. Quindi circa l’undici per cento in più della normalità. A marzo i morti in più furono circa il 600 per cento! E ad aprile ancora il 120 per cento in più. A maggio, la situazione tornò abbastanza tranquilla con 816 morti contro una media di 798. A giugno i morti in questo anno di coronavirus scesero al di sotto della media degli anni precedenti: furono 756 contro una media di 774.

Questi numeri stanno a significare soprattutto una cosa: che l’allarmismo e l’atmosfera di terrore non sono giustificati nella nostra provincia, che la situazione a Bergamo è sempre stata sotto controllo da maggio in avanti, compresi ottobre, novembre e dicembre, i mesi della cosiddetta “seconda ondata”. Quindi a maggior ragione non si comprende perché Bergamo e provincia debbano restare zona rossa finendo per pagare anche in termini economici e psicologici, dopo avere purtroppo pagato un tributo terribile in numero di morti nella primavera scorsa.

Dire che la situazione è sempre rimasta sotto controllo da maggio in avanti, non significa affermare che le cautele siano state inutili, anzi. La prudenza e la cautela hanno funzionato bene. Le mascherine, il distanziamento, l’igiene delle mani, l’evitare assembramenti sono stati determinanti nel successo a quella guerriglia urbana che stiamo conducendo contro il Covid.

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