Le conferme della Fondazione Italia Cina

Perché alla Cina piace l'Italia e si compra le sue aziende

Perché alla Cina piace l'Italia e si compra le sue aziende
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La Cina continua a espandersi, soprattutto sul territorio italiano. E le tracce della sua presenza sono molto ben conosciute a livello cittadino/locale dove ogni giorno spuntano nuovi negozi, piccoli o grandi che siano, i cui gestori sono inconfondibilmente cinesi. In contemporanea con queste aperture ci sono imprenditori cinesi che staccano ingentissimi assegni con lo scopo di comprare quote e azioni di alcune multinazionali che hanno fatto la storia del nostro Paese. Secondo AgiChina24, solamente nel 2014, gli investimenti cinesi all'estero hanno superato la soglia di 100 miliardi di dollari, quota che nel 2015 potrebbe facilmente arrivare a 113, con un aumento del 10 percento su base annua. Il Bel Paese, come già detto, è forse uno dei territori maggiormente interessato da questi investimenti.

 

 

«Gli investimenti cresceranno». Una delle voci più autorevole su questo tema è di sicuro Thomas Rosenthal, direttore del Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina, che qualche giorno fa ha presentato il rapporto “La Cina nel 2015”, al grattacielo Pirelli di Milano. Sul tema in questione ha dichiarato che «ci sarà sicuramente un aumento d’investimenti rispetto al 2014. Basta considerare l’investimento in Pirelli, che da solo ha fatto innalzare questo flusso. Le aziende italiane in cui i cinesi sono in minoranza potrebbero essere ulteriormente scalate. Inoltre l’Italia offre molto valore aggiunto in settori come i macchinari, che servono ai cinesi per accedere al know how tecnologico italiano». Rosenthal avverte anche che «si prevede che ci saranno ulteriori acquisizioni importanti nel settore dei marchi, perché questo evita alle aziende cinesi di perdere decenni per far crescere brand forti e permette loro di “catturare” in fretta la catena di valore a un livello superiore. Questo avverrà sia nei marchi B2C che in quelli B2B, soprattutto, ancora una volta, nei macchinari».

 

 

Pirelli, Ferretti, Fiorucci e forse il Milan. L’ultima acquisizione cinese riguarda la nota azienda di pneumatici italiana: la Pirelli, rilevata da ChemChina, mentre in questi giorni i tifosi e il mondo del calcio attende di capire quale sarà il futuro del Milan. In generale l’elenco delle partecipazioni cinesi in Italia è molto lungo e variopinto: sono tanti i settori in cui gli imprenditori di Pechino hanno scelto di investire i propri risparmi. Nel 2012, l’audacia del vecchio dragone è riuscita a metter le mani sopra il Gruppo Ferretti, che produce yacht di lusso, la De Tomaso Automobili Spa, l'azienda alimentare Fiorucci e la moda di Miss Sixty.

Numeri da multinazionali. E poi, andando indietro nel tempo, ci sono il brand di moda maschile Cerrutti, l'azienda di pelletteria toscana Desmo, le motociclette Benelli e tante altre piccole medie imprese italiane. Di recente, invece, la Cina si sta maggiormente interessando ad aziende il cui fatturato è in sintonia con i numeri delle multinazionali. Volendo far qualche esempio si può ricordare l’acquisizione al 2 percento del capitale di Telecom, Fiat-Chrysler, Eni, Enel, e di una piccola fetta di Prysmian, la ex Pirelli Cavi. Da pochi mesi sono anche diventati cinesi il 35 percento di Cdp Reti, che controlla Snam e Terna, e il 40 percento di Ansaldo Energia.

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