L'appello al ministero

La cavalla ungherese in pericolo E ciò che l'Italia (non) fa per salvarla

La cavalla ungherese in pericolo E ciò che l'Italia (non) fa per salvarla
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C’è una splendida cavalla in pericolo, ma l’Italia la può salvare grazie alle sue leggi, migliori di quelle ungheresi. Sembrano le premesse di una favola a lieto fine, ma qualcosa è andato storto e ad oggi Csinska, la cavalla in questione, non è ancora certa di poter continuare a vivere. Il problema è sorto perché l’animale, pur in perfetta salute, è risultato sieropositivo all’AIE (anemia infettiva equina). Per questa malattia, in Ungheria è previsto l’abbattimento, ma in Italia no. Basterebbe il via libera del Ministero della Salute italiano, che ad oggi non è ancora arrivato. Mentre il tempo a disposizione è ormai agli sgoccioli.

 

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Pubblicato da IHP Italian Horse Protection association Onlus su Giovedì 25 febbraio 2016

 

La buona legge. I coniugi ungheresi Tamás Roland Ale e Viktória Nagy erano disperati quando hanno saputo che la loro amata cavalla sarebbe stata ben presto abbattuta. Non si sono arresi e hanno cercato una soluzione, trovandola in Italia, che in materia presenta una legge più morbida: niente abbattimento, ma solo un parziale isolamento e un costante controllo sanitario. I coniugi si sono quindi rivolti a IHP – Italian Horse Protection Onlus, che in dieci anni di attività ha salvato otto cavalli con questo problema, tutti in splendida forma.

La volontà politica. Sembrava fatta per il meraviglioso animale, ma serviva ancora un ultimo passaggio: il consenso da parte del Ministero della Salute. La richiesta formulata dalle autorità sanitarie ungheresi in data 11 febbraio, e firmata da Silvio Borrello (direttore generale della Sanità animale), ha ricevuto tuttavia una risposta negativa dai piani alti del Ministero. «È una questione di volontà politica da parte di un Ministero che in materia di Aie ha preso decisioni, da noi sempre sostenute, all’avanguardia rispetto ad altri stati membri, e pure di successo, visto che non hanno causato alcun incremento della malattia», ha spiegato a Repubblica Sonny Richichi, presidente di IHP.

 

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Pubblicato da IHP Italian Horse Protection association Onlus su Venerdì 26 febbraio 2016

 

Due pesi e due misure. Una scelta iniqua da parte del Ministero, come si evince dalle parole di Nicole Berlusconi, presidente di Progetto Islander: «Com’è possibile che per gli animali l’Europa unita e la libera circolazione funzionino solo quando si tratta di sfruttare o uccidere? Un viaggio in van da Budapest al Centro IHP non presenta alcun rischio di contagio, né si può temere di dare il via a una valanga di richieste analoghe. Purtroppo i proprietari disposti a sobbarcarsi oneri e difficoltà per salvare gli equidi sieropositivi sono pochissimi, e lo scarso affollamento del Centro lo dimostra. Chiediamo dunque al Ministero di tornare con urgenza sui propri passi».

L’appello. La storia ha fatto rapidamente il giro del web. È arrivato ben presto un appello, quello di Piera Rosati, presidente della Lega nazionale per la difesa del cane. Ha scritto una lettera al ministro Beatrice Lorenzin, chiedendo che venga applicata la deroga alla Direttiva 156 del 30 novembre 2009, finora usata solo per macellazione o spostamenti da ippodromi. I tempi sono risicati: i veterinari della sanità pubblica ungherese hanno infatti concesso una proroga, ma soltanto fino al 27 febbraio, cioè oggi.

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