Allora, cosa è successo al Sinodo? (molto più di quanto si pensi)

Allora, cosa è successo al Sinodo per la Famiglia? Probabilmente è successo di più e di meglio di quanto fosse possibile aspettarsi se - come doveroso, dato l’evento - si colloca il tutto nella prospettiva in cui va collocato. Il sinodo, infatti, non è pianta che abbia radici superficiali, come il basilico che si può coltivare agevolmente in un vasetto in cronaca. Assomiglia piuttosto a quelle erbacee perenni che hanno bisogno di terreni vasti e profondi per diramare i loro apparati sotterranei e profumare l’aria.
Il terreno di questo sinodo è stato papa Francesco, tanto è vero che le cronache l’hanno spesso raccontato come se si trattasse di una lotta a chi vince e chi perde fra lui e i padri sinodali. Dato che la maggioranza dei commentatori immaginava che il papa desiderasse una specie di sanatoria generale nei confronti dei divorziati risposati, la soluzione votata dal sinodo (si vedrà caso per caso) sembra una sconfitta della sua linea. Per questo si è molto enfatizzato il fatto che detta soluzione sia passata per un solo voto. In realtà è passata per un voto in più della maggioranza qualificata, non della maggioranza semplice. A tal proposito bisognerebbe poi notare che quando in un’assemblea ecclesiale si raggiunge l’unanimità tutti son pronti ad evocare l’ombra delle pecore incapaci di giudizio critico, mentre quando il confronto si fa duro ecco che saltan fuori quelli della spaccatura e del sangue scorso a fiumi fra Orsini e Colonna. La libertà di pensiero non viene mai concessa alla Chiesa che, probabilmente, ne è soprattutto di questi tempi - l’unico spazio reale.
Il pensiero del sinodo è dunque che i divorziati risposati non possono esser considerati una categoria indifferenziata. È stato detto chiaramente che chi ha subito quella frattura non può essere equiparato sic et simpliciter a chi l’ha provocata, pur tenendo conto del fatto che - come recita il proverbio - per litigare bisogna essere in due, e quindi nemmeno la vittima può essere considerata del tutto innocente. Però - hanno detto i padri sinodali - può essere che chi abbia deciso per primo di rompere il legame lo abbia affrontato - a suo tempo - con l’idea che si potesse farlo, e che quindi il sacramento fosse viziato fin dall’origine. Per accertare la presenza di questo e di eventuali altri vizi, un cammino accompagnato potrebbe risultare opportuno. Esso consentirebbe infatti di liberare l’innocente da un vincolo divenuto opprimente e fonte incoercibile di odio e risentimento. Soprattutto se a farne le spese dovessero essere i figli.
In sintesi, il percorso guidato dovrebbe essere essenzialmente volto a comprendere se il matrimonio celebrato in chiesa e poi naufragato fosse poco più che un guscio di apparenze. Cosa che - ci sia permesso di opinare - si verifica piuttosto spesso, con buona pace dei corsi per fidanzati e di dichiarazioni d’amore. Vogliamo dirla tutta? A sentir certe prediche nel corso della cerimonia fatale sembra che nemmeno il celebrante la sappia tutta su quel che sta facendo. E quindi il processo avviato dal sinodo potrebbe rivelarsi un’ottima occasione, anche per i sacerdoti, di rimettersi in tiro sulla questione. Quando era vescovo a Buenos Aires, ad esempio, il cardinal Bergoglio aveva raccomandato caldamente di non celebrare i matrimoni riparatori perché viziati all’origine dalla mancanza del requisito fondamentale per il sacramento: la libertà. Oltre alla riparazione, molti altri sono gli impedimenti dirimenti - come li chiama don Abbondio - al matrimonio. Il più diffuso sembra la totale insipienza in proposito dei promessi sposi e dei loro congiunti. Dunque per la Chiesa ci sarà un sacco (di bene) da fare.

In this photo taken with a slow shutter speed cardinals and bishops arrive in the Paul VI hall at the Vatican for a meeting marking the 50th anniversary of the creation of the Synod of Bishops, Saturday, Oct. 17, 2015. (AP Photo/Alessandra Tarantino)

Pope Francis celebrates a Mass to mark the end of the Synod of bishops, in St.Peter's Basilica at the Vatican, Sunday, Oct. 25, 2015. (AP Photo/Alessandra Tarantino)

Wind blows a cardinal's cloak as he arrives for the afternoon session of the Synod of bishops, at the Vatican, Thursday, Oct. 22, 2015. (AP Photo/Andrew Medichini)

Pope Francis arrives for the morning session of the last day of the Synod of bishops, at the Vatican, Saturday, Oct. 24, 2015. (AP Photo/Alessandra Tarantino)
La seconda questione in cronaca riguardava i matrimoni gay. Come ha anticipato - sabato mattina - il cardinale di Vienna Schönborn ai giornalisti, nel documento non si troveranno molte parole in proposito, perché questo sinodo era sulla famiglia e non sulle differenze di genere. I gay non potendo metter su famiglia nel significato cristiano del termine, di loro il sinodo ha parlato solo in quanto appartenenti ad una famiglia già in corso e dotata di un padre uomo, di una madre donna e di figli (o parenti vari) di appartenenze diversificate. Ovvio che tutti costoro debbano essere trattati con affetto e rispetto. Ci mancherebbe altro.
In pochi hanno tuttavia fatto notare che nel suo intervento prima della votazione finale, il papa aveva alluso alla questione ricordando a tutti che «quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo - quasi! – per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale – come ho detto, le questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato».
Non è giudizio da poco, perché per molti potrebbe trattarsi di un’apertura non ai gay ma all’ancor più pericoloso relativismo. Già qualche teologo - fortunatamente non ufficiale e desideroso di lodare il papa - ha parlato in proposito di “etica della situazione” (non esiste un’etica assoluta, ogni gesto si giustifica in sé e per sé). Certi teologi sono però come i parenti il cui sostegno ci mette in imbarazzo. E Francesco non ne ha proprio bisogno. “Inculturazione” e relativismo stanno fra loro come il Brunello di Montalcino al vino al metanolo.

Pope Francis leaves at the end of the Synod of bishops, at the Vatican, Saturday, Oct. 24, 2015. Catholic bishops were voting Saturday on a final document to better minister to families following a contentious, three-week summit at the Vatican that exposed deep divisions among prelates over Pope Francis' call for a more merciful and less judgmental church. (AP Photo/Alessandra Tarantino)

Pope Francis leaves at the end of the Synod of bishops, at the Vatican, Saturday, Oct. 24, 2015. Catholic bishops were voting Saturday on a final document to better minister to families following a contentious, three-week summit at the Vatican that exposed deep divisions among prelates over Pope Francis' call for a more merciful and less judgmental church. (AP Photo/Alessandra Tarantino)

Cardinal Philippe Ouedraogo holds his skull cap as he arrives for the afternoon session of the Synod of bishops, at the Vatican, Thursday, Oct. 22, 2015. (AP Photo/Andrew Medichini)

Pope Francis, flanked by Cardinal Ricardo Ezzati Andrell, right, is shown papers by a prelate as he arrives for the afternoon session of the Synod of bishops, at the Vatican, Thursday, Oct. 22, 2015. (AP Photo/Andrew Medichini)
Se però volessimo seguire le radici - le lunghe e penetranti radici - di questo sinodo pensiamo che non ci sarebbe cosa più istruttiva che mettere a confronto fra loro due omelie, quella di ieri (domenica 25 ottobre 2015) e quella pronunciata da papa Ratzinger a conclusione del sinodo dei vescovi il 28 ottobre 2012. Riguardano entrambe la vicenda del cieco Bar-Timeo (figlio di Timeo) e potrebbero essere considerate come il confronto fra due passi di Sant’Agostino.
Papa Benedetto XVI aveva scelto di seguire un’osservazione del vescovo di Ippona al vangelo di Marco (Agostino, Il consenso degli evangelisti, 2, 65, 125: PL 34, 1138), mentre Francesco fa un’operazione geniale: si riferisce sempre ad Agostino (Sermo 80, quello famosissimo in cui lo stesso Agostino dice di aver paura di non accorgersi di Cristo quando gli passa accanto) e sempre a una questione di ciechi; ma quelli presi in esame sono, in questo caso, due anziché uno. E ne parla Matteo e non Marco.
Il passo seguito da Papa Ratzinger prende in esame la situazione del cieco risanato, figura degli uomini che desiderano recuperare la luce della grazia. È il grido del cieco a interessarlo. Francesco prende invece a prestito - senza citarlo - il sermo 80 per identificare i movimenti e il metodo dell’azione risanatrice di Cristo, che avviene nonostante i tentativi dei discepoli di mettere a tacere il disgraziato che lo invoca come figlio di David. L'attenzione di Francesco è puntata sulla reazione di Cristo che passa e si ferma (transeuntem et manentem). L’omelia di domenica - veramente degna dei Padri - è il sigillo messo su questo sinodo perché mostra in maniera incontrovertibile quel che è successo in queste tre settimane. Ovvero che c’è un pastore - il papa - che tenta di imitare in tutto e per tutto il suo Signore, soprattutto nel suo fermarsi perché colpito dal grido dei sofferenti che non sono, in questo caso, soprattutto coloro che vivono il fallimento del loro matrimonio. Sono - anche e forse in particolar modo - i successori degli apostoli che - come i primi, da cui discendono - possono essere tentati piuttosto di proseguire un cammino ben tracciato che di “perder tempo” fermandosi ad ogni implorazione di pietà.
Anche per attendere i tempi degli apostoli di quella che il papa ha chiamato “fede da tabella” (C’è una seconda tentazione, quella di cadere in una “fede da tabella”. Possiamo camminare con il popolo di Dio, ma abbiamo già la nostra tabella di marcia, dove tutto rientra: sappiamo dove andare e quanto tempo metterci; tutti devono rispettare i nostri ritmi e ogni inconveniente ci disturba) il papa ha voluto obbedire al Sinodo. Dando un esempio di fedeltà a Cristo (obbediente fino alla morte) che difficilmente si è riscontrato nella storia della Chiesa.