Sentenza

Ammazzò il fratello di botte dopo una lite: condannato 40enne di Rogno

I giudici hanno negato alla difesa il ricorso in Cassazione. La versione dell’imputato smentita da testimoni e medico legale

Ammazzò il fratello di botte dopo una lite: condannato 40enne di Rogno
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Condannato in via definitiva a 17 anni e 4 mesi (prima 20, poi ridotti in Appello) M.M., 40enne marocchino, per l’omicidio del fratello 34enne in seguito a una lite: secondo quanto ricostruito, l’imputato ha ucciso a botte la vittima, dopo una banale lite causata anche dall’alcol. La sua legale si è infatti visto negare il ricorso in Cassazione.

Il fatto, riportato oggi (martedì 27 dicembre) dal Corriere Bergamo, ha avuto luogo il 24 ottobre del 2019, poco dopo una cena nell’appartamento dell’assassino a Rogno, in via Roma 19. Aveva ospitato il fratello minore e durante il pasto entrambi avevano bevuto molto. L’ospite si sarebbe poi trattenuto al cellulare per circa una mezz’ora e, in seguito, sarebbe nata una lite per futili motivi. Il fratello minore, in preda all’ira e in stato alterato, avrebbe sbattuto le ante di un armadietto rompendone i vetri. Gesto che avrebbe fatto arrabbiare a sua volta il maggiore, che ha raccontato di averlo colpito con un pugno e di aver poi pulito il pavimento dai vetri e dal sangue perso dall’altro dal naso.

In realtà, sempre dalle ricostruzioni la violenza sarebbe poi continuata, almeno dalle 23 fino all’una di notte. L’imputato ha continuato a sostenere che i traumi la vittima se li fosse procurati cadendo dal letto e sbattendo diverse volte in ostacoli nella sua stanza, dopo essere andato a dormire. Aveva anche scattato cinque foto e girato tre video con il cellulare, a suo dire per mostrarli al fratello una volta tornato in sé il giorno dopo, poi esibiti come prove della sua versione in aula.

Una storia che, però, non coinciderebbe con le testimonianze dei vicini e il referto del medico legale, il quale ha rilevato lesioni a testa, torace ed arti non riconducibili a una banale caduta in seguito a colpo, così come da eventuali successive cadute dell’individuo nella sua camera. Caduta anche la richiesta della Difesa di riconoscere l’omicidio preterintenzionale, secondo cui il suo assistito avrebbe picchiato la vittima con l’intento di far del male, non di uccidere: i giudici d’Appello hanno affermato che il marocchino avrebbe picchiato ripetutamente e con violenza il famigliare, anche in parti sensibili del corpo, negando le attenuanti generiche per l’alcol e lo stato d’alterazione, a causa della reazione spropositata ed i precedenti del soggetto.

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