Caso moschea agli ex Riuniti

Anche i musulmani di Bergamo hanno dei diritti che vanno rispettati

Anche i musulmani di Bergamo hanno dei diritti che vanno rispettati
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«Situazione sorprendente»; «sconcerto»; «esito paradossale»: sono queste le parole con cui il vescovo Francesco Beschi ha commentato il caso della cessione della chiesetta degli ex Riuniti all’Associazione Musulmani di Bergamo, poi prontamente bloccata da uno sgambetto della Regione. Le ha usate in una breve lettera pubblicata venerdì 26 ottobre su L’Eco di Bergamo, a meno di ventiquattro ore dall’apertura delle buste avvenuta negli uffici amministrativi dell’ospedale Papa Giovanni XXIII. Il vescovo non è tipo da pugni sbattuti sul tavolo e toni rudi ed è per questo che l’utilizzo di quei termini la dice lunga su come, in quel della Curia, abbiano preso la notizia. Con fastidio e imbarazzo, per usare due eufemismi. Reazione comprensibile, se non fosse che l’immobile, essendo per l’appunto una chiesa, è potuto arrivare a un passo dall’essere trasformato in moschea soltanto perché la Chiesa stessa se ne è disinteressata, lasciando che fosse l’azienda ospedaliera cittadina a gestirne il futuro.

 

 

Come si è arrivati all’asta. In tutta questa vicenda, che ha avuto una comprensibile eco nazionale, però, la Curia non è l’unica a uscirne maluccio, almeno in termini d’immagine. Vera protagonista di questa cessione-non cessione, infatti, è stata la Regione Lombardia, e di riflesso la Lega, che da ormai sei anni la guida. Ma bisogna andare con ordine. La chiesa del vecchio ospedale rappresenta un luogo importante per i bergamaschi. Lì in migliaia hanno trovato conforto nei momenti di sofferenza e almeno altrettanti sono stati battezzati. Nonostante questo, quando l’azienda ospedaliera si è trasferita, quel luogo che «appartiene alla memoria della comunità bergamasca», come lo ha definito il vescovo, è rimasto vuoto e nella disponibilità dell’amministrazione del nuovo ospedale. Ovvero della Regione. Mentre agli ex Riuniti prendeva forma la nuova Accademia della Guardia di Finanza, la chiesetta rimaneva, più che un luogo della memoria, un mausoleo dei tempi andati, inutilizzato e, per certi versi, dimenticato. Per questo motivo, nell’agosto 2015, la Curia propose di concedere alla numerosa comunità ortodossa romena di Bergamo di utilizzarla gratuitamente. Parallelamente, però, l’ospedale necessitava di fondi. Da lì la decisione, autorizzata dalla Regione (come si legge nella Deliberazione 1593 dell’Asst Papa Giovanni XXIII del 6 settembre scorso), di mettere all’asta l’immobile.

Le responsabilità della Regione. Insomma, come ha detto il sindaco Giorgio Gori, la chiesa degli ex Riuniti, che oggi tutti descrivono come un luogo meritevole di rispetto, è stata messa all’asta come fosse «un qualunque garage» con il mero intento di fare cassa. In un’intervista al Corriere della Sera, il governatore Attilio Fontana dice che «una chiesa non l’avrei mai venduta»; eppure, come dimostrano gli atti, è stata proprio la Regione, l’ente che lui guida, a dare l’ok alla vendita. E scaricare ora tutte le colpe sul direttore generale dell’ospedale, Carlo Nicora (reo di non aver previsto che l’avrebbero comprata i musulmani!) appare solo un modo per smarcarsi dall’imbarazzo davanti all’opinione pubblica (a proposito, un consigliere regionale, a poche ore dall’apertura delle buste, ha commentato a mezza voce: «Mi sa che ora Nicora lo spediscono a Canicattì...»). In realtà è più probabile che tanto l’ospedale quanto la Regione e la Curia si aspettassero che alla fine sarebbero stati gli ortodossi ad aggiudicarsi la chiesa. La comunità guidata da Padre Gheorghe Velescu, infatti, grazie all’appoggio della stessa Curia, che ha concesso una fidejussione, ha partecipato all’asta con un’offerta che superava del sei per cento il prezzo fissato di 418 mila e settecento euro. E invece...

 

 

Dalla vendita al ri-acquisto. Il 25 ottobre, negli uffici amministrativi del Papa Giovanni c’è stata la sorpresa: l’Associazione Musulmani di Bergamo, presieduta da Idir Ouchickh, ha presentato un’offerta di circa 453 mila euro, cioè un rialzo dell’otto per cento rispetto alla base d’asta. L’offerta più alta, superiore a quella della comunità ortodossa romena e a quella di una società alberghiera (tra l’altro: se avesse vinto quest’ultima ci sarebbero state le stesse reazioni?). Apriti cielo: la notizia, una volta resa pubblica, ha fatto scoppiare il finimondo politico. Da un lato lo stupore divertito ed esultante del centrosinistra...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo alle pagine 6 e 7 di BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 8 novembre. In versione digitale, qui.

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