Neruda fu ucciso da Pinochet? Il governo cileno dice: «È probabile»

«Risulta chiaramente possibile e altamente probabile l’intervento di terzi». È il modo cauto ma inequivocabile con cui, con comunicazione ufficiale, il governo cileno ha ammesso, qualche giorno fa (il 5 novembre) e per la prima volta, la possibilità che il premio Nobel Pablo Neruda non sia deceduto per cause naturali, ma per mano del regime di Pinochet.
La morte e il funerale di Neruda. Una versione dei fatti ben diversa dalla causa scritta a mano sul certificato di decesso il giorno in cui il poeta morì in una clinica di Santiago del Cile, alle 22.30 del 23 settembre 1973: «Cachessia cancerosa», ovvero una condizione di denutrizione, stato catatonico e perdita di qualsivoglia facoltà conseguente alla malattia. Il poeta soffriva da tempo, in effetti, di un tumore alla prostata e, per un peggioramento delle sue condizioni, era stato da poco ricoverato. A raccontare il funerale del Vate cileno è Isabelle Allende (nipote di Salvador), che nel suo libro La casa degli spiriti definisce la cerimonia come «l’atto simbolico di seppellire la libertà», inquietante segnale delle imminenti oscurità del regime.
Il colpo di Stato di Pinochet. Il contesto socio-politico era infatti precipitato in una spirale di non ritorno qualche giorno prima. L’11 settembre, il capo dell’esercito Augusto Pinochet aveva colpito con forze d’aria e di terra il palazzo presidenziale, la Moneda, con un golpe con cui aveva dato il via ad una dittatura militare intenzionata a reprimere nel sangue qualsiasi opposizione. Proprio a questo fatto Neruda dedicò la sua ultima poesia, scritta in punto di morte: I Satrapi, invettiva amara e rabbiosa contro «i mille volte venduti e traditori» che rovesciarono il potere del presidente Salvador Allende, stimato e appoggiato dal poeta e morto suicida dopo aver cercato invano di difendere il palazzo.
I sospetti e le indagini. I sospetti sul fatto che il poeta fosse stato assassinato dagli agenti della dittatura divennero ufficiali nel 2011, dopo che Manuel Araya, suo autista, guardia del corpo e uomo di fiducia, finalmente libero di parlare si dichiarò convinto dell’ipotesi dell’omicidio. Aveva ricevuto, infatti, sei ore prima della morte di Neruda, una telefonata proprio da parte del Vate, che raccontava di una strana e sospetta iniezione nello stomaco. Dopo la dichiarazione di Araya, le indagini vennero riaperte nell'aprile 2013 e il corpo di Neruda riesumato a quarant’anni dalla sua morte. Di quel veleno, però, nessuna traccia.
Ineliminabile, invece, il dubbio su quanto accade, tant’è che il ministero dell’interno di Santiago ordinò poi la costituzione di due commissioni di esperti internazionali e interdisciplinari «per produrre perizie che permettano di arrivare a conclusioni scientifiche».
Gli ultimi risvolti del caso. L’esito delle indagini è stato comunicato venerdì 6 novembre da El Paìs, tramite la pubblicazione di un documento coperto da segreto istruttorio, secondo il quale Neruda non sarebbe morto in «conseguenza del cancro alla prostata di cui soffriva». L’attendibilità del documento è stata immediatamente confermata da un comunicato stampa del Ministero dell’Interno e da un articolo di Internazionale. El Paìs ha pubblicato anche alcune rivelazioni del magistrato a capo delle indagini, Mario Carroza: oltre a confermare la dichiarazione dell’autista di Neruda circa la somministrazione di un’oscura iniezione, il magistrato fa riferimento a un altro elemento rilevato nel suo corpo e di cui ancora si attendono le analisi. Questa sostanza, che se alterata può risultare altamente tossica fino a provocare la morte, ha un nome innocuo e quasi lirico: il germe dello stafilococco dorato.