Api e miele, la stagione è funesta (a Bergamo, ma un po' dappertutto)
Non c’è l’ira che rese celebre il pelide Achille, ma sicuramente per gli apicoltori bergamaschi (e di tutto il Nord Italia) la stagione è decisamente funesta. A confermarlo è Alberto Parolini, presidente dell’Associazione Produttori Apistici della Provincia di Bergamo, che ha sede in via Pizzo Redorta in città. È a capo di una realtà associativa nata a Bergamo nei primi anni ’80 e che oggi unisce circa 600 aderenti, in massima parte hobbisti. «In provincia di Bergamo - spiega Parolini - siamo a raccolti di miele praticamente nulli e abbiamo già superato la metà della stagione. Da noi i mesi più generosi di nettare sono aprile, maggio e giugno. Per il pregiato miele di robinia siamo addirittura a un decremento produttivo nell’ordine del 90 per cento». Una situazione a dir poco drammatica, che trae origine (lo comprendiamo tutti quanti) da una situazione climatica a dir poco surreale, che vede protrarsi (ormai alle soglie di giugno) una sorta di inverno fuori stagione. «Il clima - aggiunge Parolini - è il responsabile numero uno di questa situazione. Fino a marzo c’è stato un andamento sostanzialmente mite e secco, seguito da una fase molto instabile di maltempo, con sbalzi di temperatura notevoli, in un trend molto freddo per il periodo. Questo ha causato nelle specie botaniche una scarsissima produzione di nettare e condizioni sfavorevoli per le api, che non hanno trovato fiori per bottinare, facendo scorta».
[Alberto Parolini nel corso di un'attività didattica]
Lunedì 20 maggio è stata celebrata la Giornata Mondiale delle Api, anche e soprattutto per rilanciare l’allarme sulla possibile estinzione di questi preziosi e vitali insetti: si stima che il 76 per cento di ciò che mangiamo derivi dal lavoro di impollinazione delle api. Regione Lombardia ha annunciato per le prossime settimane l’istituzione di un tavolo ufficiale dedicato all'apicoltura e alla produzione di miele, per avviare un lavoro congiunto con i produttori. «L’idea – ha spiegato l’assessore Rolfi - è promuovere il miele lombardo, potenziare i controlli sulle importazioni, intensificare la comunicazione e sensibilizzare le Istituzioni e i cittadini nella costruzione di un ambiente anche urbano sempre più funzionale al ciclo vitale delle api. E il momento è davvero cruciale». «Oltre alla mancata produzione di miele - aggiunge il presidente Parolini -, gli apicoltori si trovano a dover gestire famiglie molto popolose di api che non trovano cibo a sufficienza e rischiano di morire letteralmente di fame. È concreta la possibilità di perdere intere famiglie di api: per salvarle in moltissimi casi si è dovuti intervenire con nutrizione di emergenza. Rimane una flebile speranza per il mese di giugno ormai alle porte, ma bisogna confidare nel clima e nello stato di salute delle api dopo la batosta subita. Un quadro non certo incoraggiante».
In Lombardia l'apicoltura rappresenta la fonte di reddito principale per 350 operatori. I piccoli operatori nella nostra regione sono addirittura tremila. Complessivamente, si stimano oltre 143 mila alveari, il 12 per cento del totale nazionale. Al di là della contingenza stagionale, il problema resta più complessivo e allarma non poco scienziati e operatori. «Il danneggiamento dell’ecosistema da parte dell’uomo - conclude Parolini - è sempre più tangibile e sta colpendo non soltanto le api mellifere. Ci sono le api selvatiche, che svolgono un ruolo fondamentale nell'impollinazione delle piante: in Europa ne esistono duemila specie e il dieci per cento è a rischio estinzione. Una situazione destinata ad avere riflessi nel futuro dell'apicoltura e nel modo di praticarla». Sarebbe il caso, forse, di non lasciar allarmare solo scienziati e operatori.