Meglio andarci piano

Attenti che essere multitasking può danneggiare il cervello

Attenti che essere multitasking può danneggiare il cervello
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Rispondiamo al telefono tenendo con una mano la cornetta o lo smartphone che sia e, intanto, con l’altra continuiamo a battere sulla tastiera del pc mentre con gli occhi seguiamo la mimica della bocca di qualcuno che ci sta dicendo qualcosa. Questo dinamismo cerebrale, tanto elogiato fino ad ora per stimolare una capacità della mente multitasking, ovvero in grado di svolgere più mansioni insieme stimolando anche aree cerebrali con funzionalità diverse, sortirebbe in realtà l’effetto contrario. Manderebbe in tilt i nostri ingranaggi: in poche parole danneggia il cervello. Lo dimostrerebbe una serie di ricerche, raccolte e pubblicate dal periodico Forbes. Secondo le quali converrebbe dare un colpo di spugna definitivo a questa cattiva abitudine moderna e rallentare i tempi (e le occupazioni) della troppo veloce era digitale.

 

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Gli studi precedenti. Una prima avvisaglia su quanto possa essere poco proficua l’eccessiva stimolazione dei neuroni, era già stata data nel 2009 quando l’Università di Stanford, aveva dimostrato con uno studio ad hoc che chi è impegnato su più di una cosa alla volta, in genere, arriva a farle (questo è indiscusso) ma tutte male. Vale a dire che il nostro cervello non è un computer, non possiamo aprire più applicazioni e vedere se sono compatibili, perché non è programmato per processare più attività. Capita anche ai migliori pc, quando hanno più finestre aperte, di metterci più tempo (e la rotellina che indica che la macchina sta funzionando gira quasi impazzita) per darci la risposta o le risposte richieste simultaneamente. Insomma per il computer, il multitasking peggiora il livello di efficienza e di prestazione. Così pure per la nostra mente: con più cassetti della memoria aperti, diventa più lenta nel passare da una azione all’altra e, peggio, incapace di distinguere fra informazioni importanti e irrilevanti nel bombardamento di stimoli di plurima provenienza.

Altro che più intelligenti. Su questa prima ipotesi di Stanford, se ne sono aggiunte ancora altre: un lavoro dell’Ecole Normale Supérieure di Parigi del 2010 che aveva dimostrato che dedicarsi a più attività contemporaneamente non fa parte della natura umana e che il nostro cervello può sostenere al massimo due mansioni.

L’University College of London e l’University of Sussex affermerebbero, inoltre, con uno studio pubblicato su PlosOne, che dedicarsi a più attività nello stesso momento riduce il quoziente intellettivo, obnubilando il cervello. Per di più, la multimedialità offerta da smathphone, tablet, blackberry e quant’altro, utilizzata in maniera costante potrebbe ridurre negli adulti il QI (quoziente intellettivo) anche fino a 15 punti circa, facendolo scendere al livello di quello di un bambino di 8 anni a causa di meno materia grigia. Gli studiosi hanno condotto esami sul cervello di questi volontari digitali inviando messaggi con il cellulare, ad esempio mentre guardavano la tv o stavano facendo altro, scansionando nel frattempo l’attività cerebrale con una risonanza magnetica. Sono arrivati così a provare che chi pratica il multitasking ha una densità inferiore di sostanza grigia nella corteccia anteriore cingolata, quelle deputata all’empatia e al controllo cognitivo ed emotivo. In altre parole, questa cattiva abitudine è sospettata di produrre danni permanenti al nostro cervello: si lavora peggio, si conclude di meno, si rischia di rovinare la carriera e, in più, si compromette la capacità della nostra mente di funzionare bene.

 

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Dunque, multitasking sì o no? Essere multitasking, di quando in quando, può andare bene, ma se l’abitudine diventa perdurante, questa potrebbe alla lunga modificare la struttura del cervello, in particolare i percorsi neurali e le sinapsi, a causa dei nuovi ambienti ed esperienze a cui è esposta ed a cui si deve adattare, pare assottigliandosi. Quanto questa azione di dimagrimento della materia grigia sia effetto o causa dell’essere multitasking digitali è, però, ancora da accertare.

Riferendosi all’età dei partecipanti allo studio, tutti giovani, sembrerebbe più probabile la prima ipotesi: ovvero che le nuove generazioni abbiano geneticamente, dalla nascita, una sostanza grigia meno densa in quella particolare area emotiva del cervello, che porta ad avere un minor autocontrollo e una maggiore impulsività, associati appunto alla curiosità verso le nuove tecnologie o altri stimoli della modernità.

In neurologiala capacità multitasking è considerata positiva, ma come per ogni cosa, sembrerebbe anche in questo caso che il troppo stroppia. Infatti il cervello ha la capacità di modificarsi nel lungo termine, con, in taluni casi, il corollario positivo di una sorta di “cervello di riserva”, che si sviluppa nelle persone che hanno portato avanti in modo continuativo un’attività intellettuale. A testimonianza del fatto che il nostro cervello si può allenare e che l’attività intellettuale aiuta, fatta con cognizione di causa, a restare in salute. Ad ogni modo, il multitasking è meglio con moderazione.

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