Sentenza della Cassazione

Avviso al gentile pubblico social Insulti su Facebook? È diffamazione

Avviso al gentile pubblico social Insulti su Facebook? È diffamazione
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Gente, datevi una regolata sui social. Basta osservare un paio di bacheche Facebook di personaggi non propriamente popolari per rendersi conto della quantità di insulti, offese, prese in giro più o meno volgari che gli utenti rivolgono ai loro obbiettivi polemici. C’è chi la prende con leggerezza (Gianni Morandi), chi risponde a tono (Chef Rubio) e chi invece se la lega al dito e intenta cause legali. Stiamo parlando dell’attuale presidente della Croce Rossa Italiana, che nel 2010 denunciò di essere stato diffamato durante una discussione sulla sua bacheca Facebook. Ora è arrivata la sentenza, che farà giurisprudenza: secondo la Suprema Corte «la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso Fb integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, poiché raggiunge un numero indeterminato di persone».

 

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Francesco Rocca, attuale presidente, ai tempi del litigio era commissario straordinario della Croce Rossa Italiana. Una discussione su Facebook con un membro, in congedo, del corpo militare della Croce Rossa sulle scelte compiute da Rocca travalicò in quel frangente i limiti consentiti dal diritto di critica. La persona in questione gli rivolse titoli pesanti come «verme» e «parassita», formulando offese come «parassita del sistema clientelare» o «quando i cialtroni diventano parassiti». L’interessato non ci pensò due volte e denunciò l’accaduto.

A circa sei anni di distanza è arrivata la decisione della Cassazione: si paragona la pratica degli insulti su Fb alla diffamazione a mezzo stampa, dal momento che «la condotta di postare un commento costituisce la pubblicazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica». Cioè: scrivere su un social non è tanto diverso da pubblicare su un giornale o su un opuscolo con discreta diffusione. Quindi, se insultate su Facebook, è un po’ come se lo faceste su una pagina di un quotidiano. Nel caso specifico, le frasi rivolte a Rocca sono state giudicate «oggettivamente lesive della reputazione», «trasmodando in una gratuita e immotivata aggressione delle qualità personali di Rocca». Pena: una multa di 1.500 euro per diffamazione aggravata.

 

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Insomma, un caso che farà giurisprudenza perché conferma in Cassazione il giudizio del gip del Tribunale di Palermo, emesso lo scorso luglio. Sarà quindi il caso di placare le proprie ire, soprattutto quando si commenta un post di qualche personaggio famoso. Nulla vi vieta di esprimere la vostra indignazione in modo severo o di criticare aspramente, ma quando l’offesa diventa gratuita e infondata si entra nel campo della diffamazione. E nessuno di voi vorrà di certo pagare una multa salata quanto uno stipendio soltanto per prendersi la soddisfazione di ricoprire d’insulti un personaggio odiato. Fatelo a voce, sotto la doccia, mentre guidate da soli, ma non sulle bacheche di Facebook. Sgarbi non è il miglior esempio da seguire in questo senso.

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