A Orio nessun problema

Non sputiamo nel piatto di Ryanair

Non sputiamo nel piatto di Ryanair
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14 febbraio 2002. Sulla pista dell’aeroporto di Orio al Serio atterra il primo velivolo marchiato Ryanair della storia orobica, proveniente da Francoforte Hahn. È passata un’era, da allora. Non tanto cronologicamente parlando, quanto economicamente. Oggi, infatti, lo scalo rappresenta la prima azienda della provincia e dà lavoro a circa 9.200 persone, 4.500 direttamente e 4.700 indirettamente. Gran parte del merito di tutto questo è proprio della compagnia aerea irlandese. È bene ricordarlo in queste settimane di turbolenze (come direbbe un buon capitano ai suoi passeggeri) nei cieli di Ryanair.

Gli ultimi problemi. Dalla metà di settembre alla fine di ottobre, infatti, la compagnia ha annunciato la cancellazione di circa 2.100 voli, lasciando a terrà qualcosa come 315mila persone. Uno smacco dovuto, stando alla versione ufficiale dei vertici irlandesi, al fatto di aver «mancato gli obiettivi fissati per le ferie dei nostri piloti» e alla volontà di riportare la puntualità dei propri voli sui livelli degli ultimi anni, pari al novanta per cento e attualmente invece scesa all’80 per cento. Una versione che ha fatto storcere il naso a molti. Il vero problema, infatti, sarebbe legato alla diaspora di piloti avvenuta nell’ultimo anno e mezzo, andati ad accasarsi in altre compagnie che offrono stipendi e condizioni di lavoro decisamente migliori.

 

 

La cattiva gestione del personale. Perché sì, è vero, Ryanair non rappresenta certo un modello d’eccellenza per quanto riguarda la gestione del personale. Tra paghe basse e contratti tutt’altro che tutelativi, infatti, è normale che chi può, alla fine, saluta e se ne va, lasciando la compagnia in evidente difficoltà, con tratte e passeggeri in costante crescita ma personale in costante calo. Tira e tira, alla fine la corda s’è rotta. «Abbiamo fatto un pasticcio, e per questo chiedo scusa a ognuno di voi» ha dichiarato pochi giorni fa Michael O’Leary, amministratore delegato del vettore low cost, in un video-messaggio rivolto a tutti i suoi dipendenti e ai clienti lasciati a terra. Ora, ovviamente, è il momento di rimediare. E per farlo, Ryanair sarà costretta a tirare fuori un bel po’ di soldi (una prima stima parla di 25 milioni di euro per rimborsare gli utenti) e rivedere i propri piani di crescita.

Le ripercussioni su Orio: minime. Da qui l’annuncio del 27 settembre, nel quale i vertici della compagnia aerea irlandese hanno reso nota la sospensione di trentaquattro rotte dal novembre prossimo al marzo 2018, per un totale di quattrocentomila passeggeri coinvolti. Nessuna di queste riguarda Orio, dove la compagnia dovrebbe però togliere la disponibilità di un aeromobile, come spiega Roberto Bruni, presidente di Sacbo, società gestrice dello scalo: «Nessuna tratta del nostro aeroporto sarà sospesa, ci sarà soltanto un lieve calo delle frequenze che porterà a una riduzione dei movimenti stimabile attorno al tre, quattro per cento. Una situazione che non comporta assolutamente alcun danno economico allo scalo fortunatamente».

 

 

Più in generale, nonostante Orio rappresenti uno dei principali hub continentali di Ryanair, che ne gestisce addirittura l’83 per cento del traffico, le ripercussioni di questo pasticcio sullo scalo orobico sono state assai ridotte. Ed è lo stesso Bruni a confermarlo: «Nessuno è rimasto bloccato in aeroporto. Chi ha subito, purtroppo, una cancellazione del volo è stato avvisato con il giusto preavviso». Una situazione che, invece, non avviene quando ci sono ad esempio degli scioperi: «In quei casi il preavviso è minimo - racconta Bruni - e capita quindi spesso che l’utenza si trovi bloccata allo scalo, con conseguenti disagi per tutti». Non è un alibi, semmai una precisazione, «perché, sinceramente, mi pare che la cosa sia stata strumentalizzata dagli organi di informazione».

Non spariamo su Ryanair. Fatto sta che Ryanair ha anche reso noto di ritirare il proprio interesse per l’acquisizione dell’aviolinea di Alitalia, per la quale aveva avanzato un’offerta. Un passo indietro che, stando ai toni allarmistici usati da diversi media in questi giorni, avrà fatto tirare un sospiro di sollievo a molti (contenti loro...). «Errori ne sono stati fatti, ovvio - continua Bruni -. Ryanair ha sbagliato e dovrà per forza cambiare qualcosa nel suo modo di gestire le risorse umane, ma credo la situazione sia meno tragica di come è stata dipinta». Il presidente di Sacbo non può dire altro, sosterrà qualcuno. Ma forse è bene ricordare a chi si augura il naufragio di Ryanair che, se va a fondo la compagnia aerea, va a fondo anche Orio. E, di conseguenza, quanto di buono è stato costruito nell’ultimo decennio a Bergamo attorno a questa azienda.

 

 

Se Ryanair opera scorrettamente sul mercato, è bene che intervengano le autorità e che la compagnia sia punita, ma non si può chiedere a noi (perché tutti noi, italiani medi, abbiamo preso almeno una volta nella vita un volo Ryanair) di operare da giustizieri solitari, cosa che invece pretendono avvenga diversi editorialisti, non ultimo Gian Antonio Stella, che sul Corriere parla di «caporalato 4.0 neo-liberista». E se l’aeroporto comporta delle esternalità negative sulla cittadinanza, leggasi inquinamento ambientale e acustico, è giusto e necessario che intervenga la politica, come il Comune di Bergamo sta tentando di fare negli ultimi tempi. Ma sparare a occhi chiusi su Ryanair significa sparare sul presente e sul futuro di Bergamo. Forse è meglio ricordarselo.

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